In metà del Paese pressione tributaria alle stelle per le richieste combinate di sindaci e governatori. L’interazione fra i livelli di governo determina il nuovo debito fiscale
Da 60 a 100 euro in più all’anno ogni 10mila euro di reddito dichiarato, e senza alcuna tutela per i titolari di entrate più leggere. Si può tradurre in questi numeri l’effetto combinato del decreto di luglio sulla revisione di spesa e del maxiemendamento alla legge di stabilità approvata ieri al Senato, che rischia di bussare alle porte di 18 milioni di italiani. Tanti sono quelli che abitano nelle 8 Regioni impegnate in piani di rientro del deficit sanitario, in un’area che copre praticamente tutto il Mezzogiorno con l’eccezione della Basilicata (e con dentro il Lazio), e ha un’appendice a Nord nel Piemonte. Il Fisco locale, in pratica, potrà finire per colpire di più proprio dove l’economia è più in difficoltà. Per capire la vicenda bisogna in realtà fare tre passaggi. Il primo data a maggio 2011, quando il decreto attuativo del federalismo regionale (Dlgs 68/2011) ha dato ai Governatori la possibilità di aumentare le addizionali aggiungendo un 1,1% dal 2014 e un 2% dal 2o15. Il decreto di luglio sulla revisione di spesa ha anticipato di un anno il possibile aumento dell’i,i% nelle Regioni che combattono per riportare in ordine i conti della loro sanità, prevedendo però che da questi incrementi rimanesse esente chi dichiara meno di 15mila euro all’anno, e di conseguenza rientra nel primo scaglione dei redditi Irpef. Qui interviene il correttivo alla legge di stabilità (si veda anche il Sole 24 Ore di ieri), che rimanda al 2014 l’introduzione del “paracadute” a favore dei redditi più bassi. Anche loro, quindi, siano pensionati al minimo o collaborato- ri a progetto, saranno esposti alle addizionali maggiorate che 8 Regioni su 20 potranno applicare dal t gennaio prossimo. Non solo, insieme alla tutela per i redditi bassi il correttivo rinvia di u mesi anche la possibilità per le Regioni di correggere il prelievo in base alla composizione della famiglia, per alleggerire il carico imposto ai nuclei più numerosi, e la razionalizzazione sotto forma di sconti fiscali dei benefici oggi assegnati da qualche amministrazione territoriale come voucher, buoni servizio o simili. Nella ricca agenda di novità vissuta dal Fisco locale negli ultimi due anni, per chiudere i conti occorre anche ricordare l’aumento dello 0,33% con cui a fine 2011 il decreto «Salva-Italia» ha gonfiato l’addizionale Irpef in modo retroattivo. Radunando tutti i mattoncini del mosaico, l’addizionale dei Governatori può volare nelle Regioni in deficit al 2,33%, che può diventare 2,63% in Molise, Campania e Calabria, dove al pacchetto si aggiunge l’aumento automatico dello 0,3% dettato dal fatto che le misure previste dai piani di rientro non sono bastate per poter fare a meno dell’aiuto fiscale. I numeri della tabella qui a fianco mostrano i risultati possibili articolati per fasce di reddito. Se insieme alla Regione anche il sindaco preme sull’acceleratore fiscale, si può arrivare a destinare alle casse locali il 3,43 per cento del proprio reddito lordo; a prescindere, con buona pace della progressività, dal suo ammontare complessivo.
Il Sole 24 Ore – 21 dicembre 2012