Il quadro tracciato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari. I premi assicurativi pagati alle compagnie sono cresciuti in media del 4,6% annuo. Dal 2006 al 2011, le richieste di risarcimento sono salite del 24%, ma sono calati del 75% i danni liquidati. L’INDAGINE
Medici e pazienti sempre più a rischio in caso di sinistri per errore sanitario. È infatti elevatissima la percentuale dei dipendenti che non può contare su una copertura assicurativa in caso di sinistri da “colpa grave”: più di sei aziende su dieci non ha copertura. Uno scenario allarmante perché se le strutture non si assicurano e il personale non è in grado di pagare il salato di una polizza assicurativa, in caso di errore, chi risarcirà il paziente?
Eppure le Aziende pagano sempre di più alle compagnie assicuratrici: crescono infatti del 4,6% annuo i premi assicurativi a carico delle strutture sanitarie e ospedaliere, in conseguenza di un altrettanto marcato aumento delle richieste di risarcimento. E il paradosso è che in un quinquennio è calato del 75% l’importo dei danni liquidati. E le richieste di risarcimento sono cresciute del 24%.
Un’anomalia in un sistema dove il ricorso alla medicina “difensiva” costa allo Stato tra i 10 e i 14 miliardi di euro. Un costo che si ridurrebbe se il medico potesse operare senza rischiare il default finanziario. Inoltre, le soluzioni per consentire alle strutture sanitarie di risparmiare ci sarebbero: basterebbe, infatti, creare un fondo gestito direttamente dalle Regioni. Peccato sia presente attualmente solo in Toscana, Friuli Venezia Giulia, Liguria e Basilicata. E così il 72,2% della Aziende si affida alle compagnie assicurative.
Sono questi alcuni dei dati risultati dallo studio statistico realizzato dalla Commissione d’inchiesta errori e disavanzi sanitari sulla base di 169 risposte a questionari appositamente formulati e inviati a centri regionali e presentati oggi alla Camera.
Il 62,7% delle Aziende non ha copertura per colpa grave. Parla chiaro l’indagine. È altissima a percentuale di aziende che non prevedono la copertura assicurativa per colpa grave: sono il 62,7% e costituiscono un’anomalia che andrebbe quanto prima corretta. Anche perché gli scenari che si aprono sono inquietanti: se le strutture non si assicurano, infatti, e non tutto il personale è in grado di pagare il prezzo elevatissimo di una polizza assicurativa, in caso di errore, nel momento in cui la sentenza arriverà al terzo grado di giudizio, chi risarcirà il paziente?
Altissimo è poi l’incremento dei premi assicurativi versati: tra il 2006 e il 2011 è stato del 23% e medio annuo del 4,6%. Si è passati, passati da 288 milioni di euro complessivamente versati nel 2006 a 354 milioni del 2011. Il premio medio annuo assicurativo, pagato dalle aziende sanitarie a livello nazionale, è passato da 2 milioni di euro nel 2006 a 2,7 nel 2011, con un incremento del 35%.
Crescono del 24% le richieste di risarcimento. Quelle pervenute alle compagnie dal 2006 al 2011 sono state 82.210, con una media annuale di 13.702 richieste. I danni liquidati invece calano, infatti nello stesso intervallo temporale, gli importi pagati per risarcimento dalle compagnie assicuratrici, infatti, sono passati dai 191 milioni del 2006 ai 91 milioni del 2011, con una riduzione del 75% In particolare nel Nord Ovest, i pagamenti sono scesi da 68 milioni a 11 milioni, arrivando ad un sesto del valore di 5 anni prima.
Aumentano, nello stesso arco di tempo, le cifre messe a riserva dalle compagnie, con un importo che oggi sfiora i 2 miliardi di euro. E’ chiaro che il sistema è strutturato in maniera tale da favorire e non di poco, i guadagni delle compagnie assicuratrici, a scapito del sistema sanitario che potenzialmente sborsa sempre di più per risarcimenti e numero di azioni legali che si sono ridotte.
Nel confronto tra i premi versati dalle aziende sanitarie e gli importi pagati per i risarcimenti da parte delle compagnie si riscontra una forbice che, nel periodo 2006-2011, evidenzia un andamento abbastanza stabile e comunque poco crescente fino al 2008, registrando invece un aumento crescente a partire dal 2009, in conseguenza dell’aumento dei premi versati e della diminuzione del pagato.
“I dati parlano di una crescente e, spesso, pretestuosa conflittualità medico-paziente – ha spiegato Antonio Palagiano, Presidente della Commissione d’inchiesta della Camera – la differenza tra il boom di denunce di sinistri e la diminuzione degli importi liquidati mostra come la tendenza sia quella di intentare cause, a volte in modo quasi strumentale. La conseguenza è che i premi assicurativi schizzano alle stelle e le aziende sanitarie, quelle che prevedono assicurazione, subiscono un vero e proprio salasso, che serve a tutelarsi da quello che sembra, a tutti gli effetti, un business. Inoltre, ad esserne fortemente compromesso, è il rapporto medico-paziente”.
Nel nostro Paese la giurisdizione in campo medico – che risale, in pratica, al Codice Rocco del 1930 – manca del tutto di adeguata specificità. L’Italia, insieme al Messico, è l’unico Stato a non prevedere il reato di “colpa medica” e, in Europa, è l’unico Paese, insieme alla Polonia, a prevedere la perseguibilità penale degli errori clinici. Ciò significa che l’atto medico, di fatto, è, equiparato ad un atto di delinquenza comune. In realtà, però, dei tantissimi processi penali avviati – come risulta da un’indagine condotta da questa stessa Commissione parlamentare di inchiesta nel 2011 – la quasi totalità si conclude con l’archiviazione: ben il 98,1% dei procedimenti per lesioni colpose e ben il 99,1% dei procedimenti per omicidio colposo.
Risparmi con il Fondo regionale assicurativo, ma solo 4 regioni lo utilizzano.Una copertura assicurativa globale gestita direttamente dalle Regioni e non dalle singole Asl, rappresenta, per chi l’ha attivata, un importante fattore di riduzione di spesa. Eppure una Fondo regionale ad hoc è presente in sole 4 regioni (20,7%): la Toscana con 16 aziende sanitarie (45,7 %), il Friuli Venezia Giulia con 9 centri (25,7%), la Liguria anch’essa con 9 aziende (25,7%), la Basilicata con un’azienda sanitaria (2,9%).
Sono invece 122 le aziende (il 72,2%) che si affidano alle compagnie assicurative. Il settore è sostanzialmente in mano a un numero ristretto di compagnie, dominato dalla AM Trust Europe (con cui, nel 2011-2012, ben il 46% delle aziende sanitarie ha stipulato una polizza). Tra gli altri competitors: XL Insurance, QBE Insurance, City Insurance, Llyod’s of London, Generali Assicurazioni, Cattolica Assicurazioni.
“Diffondere l’utilizzo del Fondo Regionale nella maggior parte se non a tutte le Asl, realizzando in tal modo una corrispondente copertura quasi totale per la colpa grave – ha aggiunto Palagiano – determinerebbe una notevole riduzione della spesa pubblica senza toccare il livello quali-quantitativo dell’offerta sanitaria. Comporterebbe, come seconda ma non meno importante conseguenza, una maggiore tranquillità di azione per i medici. Il medico che si sente di poter operare, senza rischiare il default finanziario, ridurrebbe il ricorso alla medicina “difensiva”, un capitolo di spesa in continuo aumento che costa allo Stato tra i 10 e i 14 miliardi di euro. Mettere fine a quel comportamento che costringe il medico a prescrivere esami spesso inutili, se non dannosi, per tutelarsi da una possibile causa giuridica, è un passo fondamentale per ridurre la spesa sanitaria nel nostro Paese”.
Anomalie nella distribuzione posti letto e numeri del personale dipendente. Dai dati ottenuti dalle risposte al questionario predisposto, inoltre, emergono alcune osservazioni di fondo che possono determinare azioni consecutive volte sia a razionalizzare la spesa su tutto il territorio nazionale, che ad omogeneizzare le risorse umane utilizzate, che mostrano sproporzioni numeriche eccessive tra le regioni.
I posti letto effettivi nelle 162 aziende sanitarie che hanno risposto sono 98.296 così ripartiti: 33,3% nel nord-ovest, 21,6 % nel nord-est, 20,8 % nel centro e il 24,3 % nel sud e nelle isole.
I dipendenti medici nelle stesse aziende sono 82.363 e hanno la seguente distribuzione per area: il 27,1% nel nord-ovest, il 19,2 % nel nord-est, il 22,7 % nel centro e il 31,0 % nel sud e nelle isole.
Molto rilevante è la differenza nel numero di dipendenti medici ogni 10 posti letto effettivi secondo l’area geografica: tale numero aumenta in maniera spropositata andando da nord a sud, in maniera tale che la Sicilia evidenzia un numero di medici ogni 10 posti letto, che è il doppio di quelli utilizzati nel Friuli Venezia Giulia o nelle Marche.
“È chiaro che se per far funzionare lo stesso numero di posti letto ci sono realtà regionali che utilizzano risorse umane doppie – ha concluso Palagiano – ciò non potrà che far lievitare in maniera esorbitante la spesa sanitaria senza aggiungere niente ad appropriatezza ed efficacia delle cure”.
Quotidiano Sanità – 19 dicembre 2012