Stavolta i tagli alla sanità non sono farina del sacco veneto, a dettarli è legge sulla spending review del Governo Monti: entro il 31 dicembre la Regione dovrà indicare 900 posti letto in esubero e sopprimerli nell’arco di un triennio.
La decisione è già stata presa e sarà formalizzata a giorni: la “cura dimagrante” avverrà negli ospedali delle aziende di Venezia, Verona, Belluno e Rovigo, quelle cioè dove si registra un’eccedenza più marcata rispetto agli standard (4,12 per mille abitanti) prefissati. Decisiva la settimana romana che si apre: mercoledì si riunirà la commissione salute, composta dagli assessori regionali, e spetterà al veneto Luca Coletto – che la presiede – illustrare un’ipotesi di road map nella progressiva riduzione di posti letti e ricoveri. L’indomani, il ministro Renato Balduzzi incontrerà i governatori: in agenda un’altra questione cruciale, il rinnovo della convenzione con la medicina generale.
In ballo ci sono le cure primarie, che nell’ottica ministeriale saranno affidate a équipe integrate di camici bianchi, capaci di garantire l’apertura quotidiana degli ambulatori per dodici ore e sette giorni su sette: l’obiettivo è limitare gli accessi al pronto soccorso e consentire ai cittadini di reperire un medico di base e un pediatra, un centro prelievi diretto, ma in caso di necessità anche uno psicologo o un cardiologo. Il punto: la sanità veneta ha già intrapreso in via sperimentale questa strada e, per incentivare i medici di base ha negoziato con il loro sindacato un premio annuale che si aggira sui 15 mila euro; diritto acquisito, agli occhi degli interessati, semplice una tantum secondo i manager del welfare pubblico, convinti che il nuovo assetto (una volta a regime) diventerà prassi abituale e perciò non richiederà compensi aggiuntivi. Staremo a vedere. In effetti molti nodi stanno giungendo al pettine; la sanità inghiotte quasi l’80% del bilancio regionale e occupa a vario titolo 60 mila persone.
Una combinazione di risorse e potere da sempre al centro dell’attenzione (e degli appetiti) della politica. Così è per le schede di programmazione ospedaliera (gli strumenti attuativi del Piano) che sanciranno la chiusura e l’accorpamento dei reparti, la dismissione di siti obsoleti, l’apertura dei presìdi di medicina sul territorio. Già largamente note nelle linee essenziali, le schede riposano ancora nei cassetti del governatore Luca Zaia e di Coletto; quest’ultimo ha il compito di illustrarle ai colleghi di giunta – tutt’altro che entusiasti alla prospettiva di deliberare i tagli alla vigilia elettorale – in vista della sospirata approvazione. Non è l’unica partita aperta. Sul tavolo c’è anche il rinnovo dell’incarico ai direttori generali delle Ulss (i “cacciatori di teste” ingaggiati dalla Regione hanno scremato a una cinquantina le 268 candidature pervenute) con venti poltrone in ballo. A ruota, le nomine dei primari vacanti: congelata fino alla conclusione del 2012 in attesa del rinnovo del management, la scelta sta diventando impellente anche da un punto di vista funzionale, come testimonia la deroga decisa dall’assessore che ha sbloccato i primariati in una quindicina di reparti “acefali” in evidente sofferenza.
Il Mattino di Padova – 10 dicembre 2012