L’assemblea regionale dice sì all’ipotesi di un referendum sull’autodeterminazione del Veneto e affida ai presidenti di Giunta e Consiglio il mandato di «avviare urgentemente con tutte le istituzioni dell’Unione europea e delle Nazioni Unite relazioni istituzionali che garantiscano l’indizione di una consultazione per accertare la volontà del popolo veneto» avvalendosi del «parere consultivo di un’apposita commissione di giuristi senza alcun onere a carico della Regione».
È l’epilogo della seduta straordinaria, convocata sull’onda delle pressioni venetiste, che ha annacquato fortemente i proclami bellicosi della vigilia: su richiesta dell’ala An del gruppo pidiellino, dal documento finale è stato cancellato l’accenno alla dichiarazione d’indipendenza ma ciò non ha evitato defezioni significative nel centrodestra: l’assessore-patriota Elena Donazzan ha disertato polemicamente l’aula – rivendicando il «valore civile» dell’Inno di Mameli – imitata dal collega di giunta Massimo Giorgetti e, al momento del voto, dallo stesso vicepresidente Marino Zorzato. I sì alla fine sono stati 29 su 36 presenti: Lega, gran parte del Pdl e il «rosso» Pietrangelo Pettenò; contraria invece l’Idv e astenuto Verso Nord mentre i consiglieri del Pd, in segno di protesta, non hanno partecipato al voto esibendo una coccarda tricolore all’occhiello. In apertura, il governatore Luca Zaia, non senza sforzi acrobatici tra rispetto della legalità e tentazioni di strappo, aveva illustrato il suo pensiero: «Da quando si è insediato il Governo Monti, di federalismo non si parla più nonostante lo stesso Presidente della Repubblica lo abbia più volte definito un “valore aggiunto” e a ragione perché il percorso federalista è centripeto, mentre le spinte centrifughe nascono proprio quando prevale l’egemonia centralista». Nessun dubbio sul merito – «Se potessi, convocherei subito un referendum sull’indipendenza ed io, personalmente, voterei sì» – ma la riserva politica pesa come un macigno: «Dev’essere molto chiaro che oggi, con le leggi attuali, un referendum di questo tipo non è possibile: costerebbe 20 milioni e la Corte dei Conti ce ne chiederebbe ragione. Perciò, credo che l’unica cosa da fare sia aprire un tavolo regionale attorno al quale invitare i migliori giuristi e costituzionalisti per individuare la strada da tracciare per giungere al coinvolgimento diretto dei cittadini. Credo sia utile, anzi doveroso, consentire ai veneti di esprimere la loro volontà. Siamo nelle stesse condizioni della Catalogna, anche loro devono fronteggiare lo scoglio della Costituzione spagnola». Sarà questa, infine, la soluzione adottata, anche se resta nebuloso il percorso da intraprendere. L’obiettivo è interpellare le istituzioni sovranazionali, dall’Unione europea all’Onu, i cui trattati riconoscono il diritto all’autodeterminazione dei popoli ma – ecco il punto – quello veneto può essere definito tale? Le più recenti sentenze del Tar e del Consiglio di Stato lo escludono. Arduo immaginare un’indipendenza autorizzata da Bruxelles o da New York. Improbabile anche il traguardo dello Statuto speciale. Resta l’ostilità tenace e diffusa al potere romano. Ma se è una bordata al tricolore, sembra esplosa a salve.
Il Mattino di Padova – 29 novembre 2012