A dispetto dei rapporti tesi tra la Regione di Zaia e l’esecutivo presieduto da Monti, il ministro della Sanità compie un gesto che suona come attestato dell’efficacia della politica sanitaria veneta: il decreto di riordino della rete ospedaliera che Renato Balduzzi presenterà la prossima settimana è esplicitamente modellato sul Piano socio-sanitario approvato quattro mesi da dall’assemblea di Palazzo Ferro-Fini.
In particolare, la nuova gerarchia dei poli ospedalieri corrisponde, punto per punto, allo schema adottato da Venezia: gli «hub» (uno per ogni provincia) destinati ad accogliere i pazienti acuti; gli «spoke», a supporto dei precedenti, per le cure di routine; e poi gli ospedali di comunità e i presìdi di territorio. Il punto di partenza è rappresentato dalla volontà di superare la “autoreferenzialità” dell’ospedale, con un cambio di prospettiva verso i luoghi della salute che privilegi l’approccio preventivo, la centralità delle cure primarie e determinanti, la continuità assistenziale. In quest’ottica il ricovero ospedaliero (particolarmente oneroso per il sistema sanitario) è concepito come come una risorsa estrema – da impiegare solo quando è indispensabile e per il tempo strettamente necessario – e dev’essere ideato ed organizzato ponendo al centro il malato, con la sua esigenza di cura e i suoi bisogni d’assistenza. Il corollario a questa strategia è la diminuzione progressiva dei posti letto: il Veneto dovrà tagliarne un migliaio entro l’anno (lo impone la Spending review) e altri 2 mila a conclusione del Piano, che ha durata quinquennale e sostanzialmente anticipa il dettato ministeriale. Una coincidenza? Non proprio, se l’artefice tecnico di entrambe le manovre è Domenico Mantoan, segretario della sanità del Veneto ma anche coordinatore dei manager delle Regioni e consigliere d’amministrazione di Agenas,la potente agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Restiamo in tema. In attesa delle fatidiche “schede di programmazione” – lo strumento attuativo del Piano socio-sanitario – a incombere sono i ricorsi alla Corte costituzionale del Governo che contesta le norme della road map regionale riguardanti il parere vincolante attribuito al Consiglio in materia di approvazione delle schede e di nomina del futuro direttore generale della sanità. Facoltà che, secondo Palazzo Chigi, non spettano all’assemblea legislativa bensì all’esecutivo presieduto da Luca Zaia. Ai giuristi interpellati, le obiezioni sembrano fondate. Che fare allora? Ne ha discusso il Pdl, per iniziativa del presidente della commissione sanità Leonardo Padrin che ha riunito lo stato maggiore azzurro in Regione: Marino Zorzato, Dario Bond, Piergiorgio Cortelazzo, Carlo Alberto Tesserin. L’orientamento emerso è quello di un emendamento al Piano che distingua le competenze sulle schede tra Consiglio (gerachia ospedaliera) e Giunta (posti letto e reparti); quanto al direttore generale, l’entrata in vigore dei nuovi criteri slitterebbe di un anno. Entrambi i provvedimenti troverebbero spazio nella legge «omnibus» all’esame dell’assemblea nella seduta di martedì. Novità in vista anche su altri temi del welfare: dai bilanci delle Ipab all’applicazione della spending alle coop sociali, dal ruolo ispettivo dell’Arpav al personale dell’Agenzia regionale sanitaria. Staremo a vedere.
Il Mattino di Padova – 8 novembre 2012