Un mese senza nessun segnale. Questa è la risposta attuale del ministero dell’Economia alla posizione assunta da Michel Martone circa la legittimità che i liberi professionisti applichino il contributo integrativo al 4% anche alle pubbliche amministrazioni.
Stiamo parlando dell’opportunità concreta di aumentare le loro pensioni introdotta dalla mini-riforma Lo Presti (legge 133/2011) e dal suo indebolimento dato proprio dal ministero dell’Economia con una propria interpretazione restrittiva del testo di legge: i suoi tecnici hanno imposto che il contributo integrativo rimanga al 2% invece di salire al 4% (o al 5%) nel caso in cui la richiesta di parcella del libero professionista sia diretta a comuni, regioni, AsI e così via. La posizione dell’Economia è frutto di soggettiva interpretazione di una clausola di salvaguardia prevista effettivamente nel testo di legge Lo Presti, che esorta a varare provvedimenti «senza maggiori oneri per la finanza pubblica., paventando una necessaria politica di controllo della spesa. Il monito contenuto nell’interpretazione del ministero non ha nulla a che vedere, però, con lo spirito del provvedimento, dato che negare di innalzare il contributo al 4%, contrariamente a quanto invece fanno già molti liberi professionisti di altri ordini professionali, significa discriminare solo alcune categorie malcapitate, tra cui biologi, psicologi, periti industriali e tanti altri. Inoltre
una simile interpretazione contraddice la volontà stessa del legislatore, come risulta dagli atti preparatori al testo. Il viceministro del Welfare, tagliando la testa al toro, aveva sottolineato come non fosse giusto impedire solo ad alcuni liberi professionisti ciò che è permesso ad altri, dato che un simile atteggiamento si macchierebbe in ogni caso di incostituzionalità. Rispondendo all’interrogazione parlamentare urgente proposta proprio da Antonino Lo Presti (Flil, Martone invitava il ministero dell’Economia ad un ripensamento della posizione assunta che non trovava fondamento: invece ad oggi nessuna risposta. Ovviamente la questione coinvolge immediatamente non solo gli interessi delle Casse di previdenza, ma prima di tutto i diritti previdenziali dei liberi professionisti iscritti. Minore contribuzione integrativa si traduce, infatti, in minori disponibilità economiche da poter ridistribuire sulle future pensioni in un clima di sostanziale disparità e con un mercato del lavoro abbastanza statico. Invece la legge Lo Presti è chiarissima e si rivolge indistintamente alla collettività, non operando distinzione tra cliente pubblico e privato. E in uno Stato di diritto in cui la certezza della norma è un pilastro, un ritardo, o meglio, il protrarsi della una presa di posizione da parte dell’Economia senza aperture al confronto non appare assolutamente giustificabile.
ItaliaOggi – 2 novembre 2012