La domanda mondiale di latte, trainata da Cina e India, cresce ancora e anche l’export di formaggi made in Italy viaggia veloce (+5,7% nei primi sette mesi del 2012). Ma agli allevatori viene pagato un prezzo alla produzione che non riesce più a coprire i costi. Agli stati generali del latte che si sono svolti ieri a Cremona è emersa la situazione «gravissima» del settore portata a conoscenza del premier, Mario Monti, con una lettera.
A mettere nero su bianco il disagio di una filiera snobbata dal governo è il presidente di Cremona fiere, Antonio Piva, egli stesso allevatore. «Con la sua assenza il ministro Mario Catania ci ha negato l’opportunità di aprire un confronto – ha scritto Piva al presidente del Consiglio -. Evidentemente non si ritengono meritevoli di attenzione i 40mila imprenditori che operano in un comparto fondamentale, quello lattiero caseario, che rappresenta una quota rilevante di quei 32 miliardi di euro che l’agroalimentare italiano immette sui mercati mondiali (un terzo delle esportazioni dell’intera Ue)». L’industria lattiero-casearia è il settore leader dell’agroalimentare made in Italy con un fatturato che nel 2011 ha raggiunto i 15 miliardi di euro (+1,4% rispetto al 2010). E se il mercato interno risulta ancora appannato, al contrario l’export continua a crescere. Secondo Mariella Ronga di Ismea, infatti, lo scorso anno «l’export di formaggi e latticini è aumentato del +3,8% in volume e +15,1% in valore mentre il saldo della bilancia commerciale per formaggi e latticini è risultato positivo di 226 milioni di euro». La performance positiva ha riguardato soprattutto i formaggi freschi (+6,3%), i duri non Dop (+12,2%) e i grattugiati (+5,6%). Performance, tuttavia, che non hanno messo il settore al riparo della scure di Monti con almeno un paio di mosse che provocatoriamente l’ex ministro Paolo De Castro, ora presidente della commissione agricoltura del parlamento europeo, ha definito «errori tecnici»: l’introduzione dell’Imu su immobili strumentali all’attività agricola e la tassazione a bilancio retroattiva per le 35mila nuove società agricole nate a partire dal 2007 per favorire l’aggregazione nei campi. Anche per il presidente di Confagricoltura, Mario Guidi, «si parla di manovre per lo sviluppo, la stabilità ma in agricoltura si sta facendo l’opposto, alimentando una situazione di marginalizzazione, decrescita e instabilità. Si finge di non capire che è impossibile fare impresa, programmare investimenti se si aumenta a dismisura il carico fiscale e si tassano anche i mezzi di produzione, se si blocca l’avvio di forme associative e societarie moderne oltre tutto cambiando in corsa le regole del gioco e in forma retroattiva». In ogni caso per recuperare competitività anche l’agricoltura è chiamata a fare un passo avanti. Gli strumenti ci sono – li ha messi a disposizione l’Unione europea con il pacchetto latte e il pacchetto qualità – e vanno usati per accorpare l’offerta e difendere il valore del paniere agroalimentare italiano dalle contraffazioni. «Non vogliamo subire le latitanze del governo – ha concluso il presidente di Fedagri, Maurizio Gardini – ma neanche affrontare il 2015 quando verrà superato il sistema delle quote senza una strategia. Occorre rafforzare gli allevatori per riequilibrare la filiera e competere sul mercato».
Il Sole 24 Ore – 29 ottobre 2012