Il presidente Zaia pronto a discutere sulla libera professione. Dei circa 7mila camici bianchi dipendenti dal sistema sanitario nazionale in Veneto, circa 5mila effettuano l’intramoenia
Fatta la denuncia adesso arriva il bello. Che i tuoni di Zaia sulle liste d’attesa producessero un terremoto e forse anche qualche malumore era inevitabile. Due i fronti sui quali il governatore aveva deciso d’intervenire per azzerare le attese (oltre l’intervento sui prossimi direttori generali che saranno vincolati al rispetto delle attese, pena la revoca del contratto): libera professione e parco apparecchiature obsolete.
Per quest’ultimo tema, sul tavolo del Veneto sono stati messi 70 milioni di euro che andranno usati per cambiare le macchine che non sono più adeguate. L’età media delle apparecchiature in Veneto va da 5 anni dei mammografi, 5,5 delle Tac o delle Risonanze magnetiche ai 7,5 delle apparecchiature per la radiologia. E se dal 2009 gli investimenti per aggiornare il parco-macchine avevano subito uno stop, dal 2013, nonostante i tagli imposti da Roma, si dovrebbe ricominciare, almeno secondo le previsioni, a spendere per ammodernare dove serve. Con raziocinio, visto che le schede ospedaliere (quando verranno approvate) taglieranno 150 reparti e quindi imporranno una maggiore concentrazione delle apparecchiature laddove servono veramente e possono essere utilizzate per tempi più lunghi: 6 giorni la settimana per 12 ore al giorno chiede Zaia.
Ma dal punto di vista temporale l’intervento più vicino è quello sulla libera professione dei medici, anche perché è da Roma che arrivano precise indicazioni a ristudiare il sistema. Dei circa 7mila camici bianchi dipendenti dal sistema sanitario nazionale in Veneto, sono circa 5mila coloro che effettuano la libera professione intramoenia (cioè possono lavorare “in proprio” all’interno degli ospedali o comunque dei servizi, come previsto per legge dopo aver assolto la lista d’attesa). Di questi la maggior parte percepisce un introito economico legato a questo rapporto che non supera i 15mila euro annui. Pochissimi hanno il secondo reddito elevato.
Entro il 31 dicembre (la data è slittata) il decreto del ministro Balduzzi impone la verifica degli spazi destinati all’intramoenia: va infatti ricordato che le Asl avevano a disposizione un budget per destinare locali alla libera professione dei medici all’interno delle strutture pubbliche (adeguamento degli ambulatori). Somma che per il Veneto era di circa 100 milioni (ex articolo 20): soldi che il Veneto ha già spesi. È quindi probabile che, poiché i soldi sono già impegnati come chiesto dal governo e visto che si sono liberati ampi spazi in ospedali dismessi, il Veneto non consentirà nel 2013 la libera professione allargata (cioè la libera professione all’esterno delle strutture pubbliche, in ambulatori privati). L’ipotesi allo studio è quindi che i fondi ex articolo 55 destinati all’acquisto di prestazioni in favore dell’azienda (ore in più che i medici fanno per l’Asl e vengono pagate a parte, ma non in straordinario) vengano destinati ad acquistare prestazioni per rispettare le liste d’attesa e andranno quindi ai medici che scelgono di non fare la libera professione. E a completare il tutto c’è il decreto Balduzzi che dice anche altro. Viene introdotto il concetto della trasparenza: “per capire quanto il medico realmente chiede, all’interno del documento fiscale rilasciato al paziente deve essere analiticamente descritta, voce per voce, la composizione degli importi”. Ultima modifica approvata prevede l’istituzione di una commissione per aggiornare le tariffe delle prestazioni. Misure queste, che una volta applicate potranno anche facilitare l’abbattimento delle liste d’attesa.
Daniela Boresi – Il Gazzettino – 22 ottobre 2012