Tagliacozzo, in provincia dell’Aquila. Si chiama Chicco ed è un barboncino. Fino a l’altro ieri un cagnolino come ce ne sono tanti, oggi un cagnolino molto ricco. Ha infatti ereditato circa due milioni di euro dalla sua proprietaria, la signora Nicolina, 84 anni, nata a Tagliacozzo ma residente a Caserta, dove vive con la figlia e alcuni nipoti.
L’anziana ha deciso di disporre dei suoi averi – due appartamenti a L’Aquila e a Caserta, alcuni terreni nella città natale e un paio di conti correnti su uno dei quali riceve mensilmente la pensione – facendo testamento in favore del suo adorato Chicco. La decisione, sorprendente, è maturata dopo la scomparsa del marito. Nicolina ci ha pensato su per qualche tempo, poi ha spazzato via ogni dubbio e si è rivolta all’avvocato Lucia Esposito di Pescara. Il legale ha verificato la possibilità di dar seguito alla volontà del suo cliente, consultandosi anche con altri professionisti, ed ha predisposto tutti gli atti necessari a far sì che il proposito della signora fosse messo nero su bianco e soprattutto, come prescrive la legge, che il testamento fosse olografo (cioè redatto di pugno dall’interessata). «Prima di fare redigere il documento alla signora – ha spiegato l’avvocato – ho consultato, per scrupolo, un notaio di Ancona che si era occupato di un caso simile e che mi ha confermato la possibilità giuridica della cosa. Tengo a precisare, però, che un lascito al solo animale è nullo. Non hanno capacità giuridica. Ma con l’intermediazione, diciamo così, di una persona, i casi sono molto diffusi». In Italia, infatti, come del resto accade in altri Paesi, gli animali non possono essere eredi diretti. È possibile intestare qualcosa al proprio cane o al proprio gatto soltanto facendo testamento in favore di chi si prende cura di loro, una persona fisica o giuridica (per esempio un’associazione o una fondazione) che amministri l’eredità e assicuri all’animale vitto e alloggio. La signora Nicolina ha nominato lo stesso avvocato Esposito come esecutore testamentario, assegnandole la facoltà di rendere pubblico il contenuto delle sue disposizioni prima della morte.
Corriere.it – 21 ottobre 2012