Eliminazione di circa mille posti letto (inclusi una quindicina di reparti) e chiusura di un ospedale privato, entro il 31 dicembre prossimo: è una medicina amara quella prescritta alla sanità del Veneto ma la responsabilità grava esclusivamente sul Governo.
L’ha ribadito ieri il presidente della Regione, confermando le nostre anticipazioni sulla manovra che attende il sistema del welfare: «Questi tagli sono il risultato della spending review di Monti, per noi il sacrificio sarà importante ma non comprometterà la qualità del servizio. Finché sarò in Regione, garantirò io per la sanità: è e resterà ad alti livelli, perché per noi è una sfida. Siamo i numeri uno in Italia e deve continuare così». Dal governatore leghista un appello ai cittadini, affinché «Si fidino del loro presidente e non ascoltino tutte le cassandre che abbiamo in giro. Non possiamo liquidare la partita degli ospedali con domande come “si chiude, non si chiude”. Si faranno riorganizzazioni e questo significa che i pazienti dovranno essere curati meglio e non tribolare per arrivare agli ospedali». Ma è possibile conciliare riduzione della spesa (valutata in circa 150 milioni l’anno) e salvaguardia degli standard curativi? «Sì», replica Leonardo Padrin «a condizione che si proceda senza ulteriori indugi a una riforma che concentri le attività specialistiche in ospedali di grande qualità e che potenzi la medicina di base sul territorio». Padrin, pidiellino senza guinzaglio, presiede la commissione sanità del consiglio regionale ed è stato l’alfiere del nuovo Piano socio-sanitario, una “road map” che detta le linee della trasformazione ma richiede uno strumento attuativo – le schede di programmazione ospedaliera – tuttora bloccato dai timori e dalle divergenze della politica: «Ogni giorno di ritardo nell’approvazione delle schede è un danno arrecato ai nostri cittadini. Noi non siamo ragionieri interessati esclusivamente alle cifre, abbiamo il dovere di garantire la salute dei veneti e per farlo dobbiamo anzitutto assicurare la tenuta finanziaria del nostro sistema sanitario che, in assenza di correttivi, risulterà compromessa. Un esempio? Il Padovano conta 9 reparti di Ortopedia, con una moltiplicazione dei costi che non si traduce in maggiore qualità delle prestazioni. E di sprechi e doppioni del genere, nella nostra regione, ce ne sono parecchi». Il messaggio, forte e chiaro, è rivolto alla giunta di Palazzo Balbi e in primis all’assessore competente, Roberto Coletto: «Le misure dettate dalla spending sono vincolanti», afferma il leghista amico di Flavio Tosi «noi le abbiamo contestate sul piano politico ma, come amministratori, siamo tenuti ad attuarle e lo faremo nel modo più indolore e funzionale possibile: presto presenterò in giunta la delibera d’intervento. Dura lex sed lex. Quanto alle schede ospedaliere, abbiamo privilegiato fin dall’inizio il metodo del dialogo e della concertazione, coinvolgendo tutti i soggetti interessati. Raccolte le loro controdeduzioni, entro il mese ne illustreremo il contenuto alla maggioranza e alla commissione sanità. È un percorso articolato, che richiede pazienza: capisco i timori di impopolarità ma dobbiamo scommettere sulla maturità dei veneti: stiamo lavorando per assicurare un futuro alla rete di protezione sanitaria costruita nel tempo, risanandone i bilanci e migliorandola ulteriormente, se possibile».
Il Mattino di Padova – 17 ottobre 2012