La copertura finanziaria e l’eventuale contributo da chiedere ai cittadini. Sono questi gli ultimi due nodi da sciogliere prima di dare l’ok alla nuova carta d’identità elettronica.
Per la quale una scelta precisa è stata presa del premier Mario Monti dopo la riunione interministeriale di ieri: a disposizione degli italiani non ci dovrà essere una nuova edizione della identity card prevista fin dai tempi delle riforme Bassanini (fine anni ’90) ma un vero e proprio documento unificato. In altre parole una card in cui far confluire la carta d’identità, la carta nazionale dei servizi (per accedere a banche dati e prestazioni della pubblica amministrazione), compreso il codice fiscale, e anche la tessera sanitaria. Una chiara accelerazione, dunque, visto che la nuova card dovrebbe arrivare entro fine mese nell’ambito del processo collegato all’Agenda digitale cui sta lavorando il ministero dello Sviluppo economico. Ma anche una rotta ben precisa. Che però rischia di comportare costi non proprio trascurabili. A differenza delle attuali carte d’identità elettroniche, fin qui assai rare visto che sono state distribuite con il contagocce dai Comuni, il Documento unificato necessita di chip e chiavi di accesso ancora più sofisticati. Non solo: c’è poi da risolvere la questione della platea dei beneficiari. La distribuzione a tutti gli italiani, bambini compresi, potrebbe rivelarsi onerosa. Con una sorta di soglia di sbarramento, ad esempio rendendo la card obbligatoria sopra i 12 o i 14 anni di età, i costi si ridurrebbero automaticamente. Costi che in parte potrebbero essere coperti dai cittadini. È stato lo stesso ministro della Pa, Filippo Patroni Griffi, a ipotizzare un costo di 12 euro per ogni cittadino per ottenere il documento unificato dalla validità decennale. I cittadini inoltre, stando alle prime bozze dei provvedimenti per l’Agenda digitale, potrebbero essere chiamati anche a un altro passo verso la piena digitalizzazione. Si punta infatti a introdurre l’obbligo per il cittadino di dichiarare una propria casella di posta elettronica certificata quale proprio domicilio digitale. Anche in questo caso potrebbero essere da valutare eventuali costi di attivazione della Pec. Ad ogni modo il domicilio digitale dovrebbe essere conservato nell’indice nazionale delle anagrafi che lo metterà a disposizione di tutte le amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi. Il vantaggio per la Pa, secondo le analisi dei tecnici del governo, consisterebbe in notevoli risparmi dovuti all’eliminazione della carta e delle spese di invio delle varie comunicazioni ai cittadini. Si tratterebbe comunque di un’innovazione a tappe. L’idea è infatti quella di introdurre un obbligo da modulare temporalmente, anche con ulteriori esenzioni temporali per alcune categorie particolarmente svantaggiate e in difficoltà nell’utilizzo della tecnologia digitale come gli anziani over 70. Nello stesso piano targato Agenda digitale si affaccia anche l’anagrafe unica, per arrivare alla totale interoperabilità dei sistemi informativi dei Comuni.
ilsole24ore.com – 1 settembre 2012