Il rapporto tra medico e paziente sta divenendo di giorno in giorno sempre più costoso per il Sistema sanitario nazionale, per il personale medico che vi opera e, soprattutto, per il sistema assicurativo. L’entrata in vigore del decreto che dal 13 agosto scorso avrebbe dovuto istituire l’obbligo dell’assicurazione per medici e strutture sanitarie è stato posticipato di 12 mesi.
Tuttavia la sostanza del problema non cambia se questo periodo non verrà speso per fissare alcuni paletti oltrepassati i quali deve scattare necessariamente la causa per il risarcimento per malpractice. Infatti, secondo i dati più recenti, oltre il 90% delle cause intentate contro medici e strutture si dimostra del tutto infondata, con il solo risultato di aumentare i costi legali e, soprattutto, esacerberare gli animi.
Quello delle malpractice mediche è un tema che si è sviluppato negli ultimi dieci anni, di pari passo con l’affermarsi del diritto alla prestazione medica e al risultato connesso. Quali le responsabilità di questo fenomeno? Senza dubbio una maggiore sensibilità da parte dei pazienti consumatori, così come l’affermarsi di alcune linee interpretative giurisprudenziali più favorevoli ai diritti delle parti lese. Che fare?
Se appare scontato che alcuni episodi dovuti alla cronaca non siano che imputabili a negligenza e grave imperizia, sarebbe opportuno da un lato informatizzare (ma anche questo è un costo) la gestione clinica della cartella medica. Un documento di prova che spesso costituisce il primo terreno di scontro tra legali del paziente e quelli del medico coinvolto e della struttura di appartenenza.
Stesso discorso vale per il consenso informato, concetto non ancora specificamente disciplinato normativamente nel nostro paese, ma che necessita quanto prima di trovare regole condivise e chiare. Inoltre, secondo alcuni, potrebbe essere utile introdurre una disciplina ad hoc sulla responsabilità penale del medico, materia troppo specialistica per ricadere nei classici stilemi del codice penale e del codice civile.
Ad oggi, infine, non resta che puntare sulla mediazione, strumento già avviato e positivamente collaudato in altri settori del diritto, e che a detta di alcuni esperti potrebbe costituire una sede adatta per affrontare una possibile lite.
L’ultima sentenza in ordine di tempo a fare scalpore è della Corte d’appello di Torino che, ribaltando la sentenza di primo grado del Tribunale, ha condannato la Asl al pagamento di un mega risarcimento di quasi 2 milioni di euro per la responsabilità conseguente un errore compiuto da un medico (poi deceduto nelle more del procedimento) che iniettò un vaccino anti tetano e anti difterite in una bimba di 5 anni poi rimasta in come vegetativo. Oggi, la sfortunata ha 29 anni. La sentenza ha riconosciuto la responsabilità della Asl verso i cittadini e quindi l’obbligo di risarcire il danno.
Il tasso di litigiosità in sanità cresce del 300% l’anno. Un fatto unico, verrebbe da dire, ma non è così se si pensa che ogni anno sono oltre 40 mila le denunce penali presentaste verso medici e strutture, il 90% delle quali risulta del tutto infondata. Ma il tasso della litigiosità cresce con in media di circa il 300% annuo. Con il conseguente rischio di un boom di analisi mediche difensive, ovvero decise dal medico al solo fine di scongiurare ogni possibile successiva contestazione, e una fuga generalizzata da parte delle compagnie di assicurazione che non intendono più assicurare strutture e medici.
Secondo il recente studio Sanità pubblica e assicurazioni, il Fair Price del rischio di medical malpractice, promosso da Aiba (Associazione italiana brokers assicurativi) e Consap (Concessionaria servizi assicurativi pubblici), nell’ultimo decennio il rapporto sinistri-premi si è attestato al 150% e solo nel 2010 i sinistri di competenza pagati hanno raggiunto la cifra di 800 milioni di euro contro premi incassati per 500 milioni.
27 agosto 2012