Si chiamano ricette elettroniche, sono quelle che i medici di famiglia e i pediatri devono inviare al ministero della Salute ( via Regione) per consentire l’allestimento del Fascicolo sanitario informatizzato, una storia clinica di ogni cittadino aggiornata e disponibile ai diretti interessati e ai sanitari autorizzati, da qualsiasi luogo e in ogni momento, con evidenti risparmi di tempo e risorse.
L’obiettivo (nome in codice «Doge) è ambizioso e rientra nell’accordo tra Veneto e il ministro Renato Balduzzi, che ha contribuito al finanziamento del progetto. Tutto bene, allora? Non proprio. A giugno la sanità regionale ha concluso l’adeguamento del suo sistema informatico ai software house dei medici – incassando il via libera ministeriale – ma una parte dei camici bianchi non si è rivelata altrettanto puntuale. Il programma concordato prevede che il 50% delle ricette sia inviata per via digitale entro l’1 ottobre e che tale percentuale salga all’80% entro il 31 dicembre. Non si tratta di un optional: in cambio della collaborazione prestata, i 4 mila medici veneti coinvolti hanno ricevuto un’indennità di circa 4800 euro ma se non rispetteranno i tempi pattuiti si esporranno a sanzioni – leggi riduzione del trattamento economico complessivo pari all’1,15 % su base annua e sospensione dell’indennità per la forma associativa di appartenenza – che in molti casi potranno superare i 9 mila euro. Ma com’è la situazione e qual è l’indice di rispetto nelle diverse aziende sanitarie? Gli ultimi dati disponibili sono aggiornati al 30 giugno e segnalano un andamento altalenante nelle 21 Ulss di competenza. Benissimo Belluno, Feltre,Adria, Legnago dove la quota dei “medici invianti” ha già superato il 70%; bene Padova, Cittadella, Este, Rovigo e Thiene, con percentuali tutte superiori al 60%. Attardate le aziende della Marca – Treviso, Asolo, Pieve di Soligo – e Vicenza, che non raggiungono i 40 punti percentuali. Male, anzi malissimo, nel Veneziano – dal capoluogo a Chioggia, da Mirano a San Donà di Piave – rimaste a quota zero, un exploit negativo condiviso con Verona, Bussolengo e Arzignano. Attenzione, la tabella risale a oltre un mese fa e c’è tempo fino al primo ottobre per centrare il traguardo. Qualcosa però, nelle aziende-lumaca, non ha funzionato. In proposito, lo staff del manager Domenico Mantoan segnala problemi sindacali, inadeguato avvio dei test digitali, “arruolamento” ritardato dei medici e mancata disponibilità di questi ultimi a causa del mancato pagamento delle indennità. Tant’è: in Regione c’è ottimismo circa il rispetto finale delle scadenze e si fa notare che in molti casi le aziende e i medici stanno rapidamente recuperando il tempo perduto. Sulla vicenda, da opposti versanti, intervengono l’assessore competente Luca Coletto e il consigliere-medico dell’Idv Antonino Pipitone. Il primo vede rosa e sottolinea il valore «strategico» dell’operazione: «Costerà 12 milioni di euro e produrrà risparmi per le Ulss pari a 111 milioni annui nonché minori spese per il cittadino, in termini di spostamenti e perdite di tempo per ritirare i documenti, pari ad altri 104 milioni l’anno». Il dipietrista è di tutt’altro avviso: «Dal punto di vista operativo si è scelto lo spezzatino. Invece di un collettore unico regionale, da noi si è sbriciolato il sistema in 21contenitori aziendali, uno per Ulss. E quel che è peggio, ogni azienda sanitaria si è mossa per conto proprio, facendo una gara di appalto per la fornitura del software ed un’altra gara distinta per la manutenzione del sistema. Con tanti saluti all’economia di scala».