Sette pagine fitte fitte per spiegare che i 5 punti contestati da Roma hanno una loro ragione di esistere. Il Veneto si aggrappa alle controdeduzioni per sperare, oggi, di non essere rimandato dal Consiglio dei Ministri alla Consulta.
La bocciatura del Piano socio sanitario da parte del Governo è cosa che la Regione digerisce con difficoltà. E ben lo sapeva il governatore Luca Zaia quando nell’aula di un Consiglio regionale schierato contro gli emendamenti “Coletto-Giunta” ha buttato il cuore oltre l’ostacolo per difendere il lavoro della Giunta. E non è solo la sostanza dei cinque punti contestati a non consentire al Veneto la “punizione” romana. Gli emendamenti (che solo la Lega aveva votato e che ora il Governo rispolvera) sanciscono le frizioni tra Giunta e Consiglio, la prima impegnata a rivendicare un ruolo sul quale il Consiglio (o meglio la V. Commissione di Leonardo Padrin) non disdegna di entrare a gamba tesa per garantire il primariato dell’aula di Ferro Fini. Ed è proprio su questi equilibri che il Governo oggi dovrà destreggiarsi. 5 i punti sui quali il Piano scivola: la durata quinquennale e non triennale (“non impedisce adeguamenti e altre regioni lo fanno”, la difesa); nomina del direttore alla sanità e sociale da parte del Consiglio (“a lui competono funzioni e ruoli che afferiscono all’attività di programmazione e di indirizzo, attribuite al Consiglio”), la possibilità che i direttori abbiano incarichi esterni (“sono state previste la gratuità e l’obbligo di autorizzazione”); l’obbligatorietà del parere da parte della V. Commisione sulle schede socio sanitarie (“si dimostra la necessità di condivisione di tutte le forze politiche su una specifica attività di programazione”), e per concludere l’obbligo a tutte le strutture sanitarie di rendere pubblici i bilanci e conseguenti sanzioni ai trasgressori (“è un atto di trasparenza per i cittadini”). Sarà questa una difesa efficace? Il Veneto, che si appresta ad affrontare la spinosa formulazione delle schede che con il bilancino dovranno far stare in equilibrio servizi e risorse, si augura di sì. Anche se l’estenuante difesa che in aula era arrivata dalla Lega agli emendamenti, era la cartina di tornasole dell’odierna preoccupazione. Timori che vengono rispolverati anche dalla minoranza che quel Piano non l’aveva votato. E mentre l’Idv, con Antonino Pipitone dice basta ai logoranti giochi di potere, il Pd con Laura Puppato ribatte invece che è lo Statuto a prevedere il primato del Consiglio.
Il Gazzettino – 11 agosto 2012