Rispetto alle parole del presidente del Consiglio non ci sono novità sulla richiesta all’Ue di intervenire con lo scudo anti spread. L’ipotesi: ampliare l’azione della Consip per raddoppiare i risparmi da 5 a 10 miliardi
MENO debito, più crescita. La campagna d’autunno di Mario Monti inizierà a settembre, ma durante il consiglio dei ministri di oggi si cominceranno a focalizzare i vari dossier della fase due. La riunione del governo, su cui incombe l’allarme per la situazione economica lanciato dalla Bce, è stato preceduto dal giallo sul ricorso dell’Italia allo scudo anti spread.
NE AVEVA parlato in mattinata il ministro Profumo, salvo poi correggersi. «Il governo — aveva spiegato il titolare dell’Istruzione — ha tenuto lunghe discussioni sull’opportunità di chiedere all’Europa di intervenire, ma abbiamo ancora un po’ di tempo per discuterne. Vedremo quali saranno le condizioni, ma nel nostro caso il protocollo d’intesa non conterebbe ulteriori elementi». Poi, pare su richiesta di Palazzo Chigi, la puntualizzazione: «Non c’è stata alcuna lunga discussione, sull’opportunità dell’Italia di chiedere all’Europa di intervenire attraverso lo scudo anti-spread. Rispetto alle parole pronunciate dal presidente del Consiglio nei giorni scorsi non c’è nulla di nuovo». Tornando alla fase due, si ragiona sulle dismissioni e sulla seconda puntata della spending review. Sul tavolo ci sono molti documenti. Quelli per abbattere il debito pubblico e quelli elaborati da una serie di economisti e tecnici chiamati dal governo. Il super commissario, Enrico Bondi, deve continuare ad affilare le sue forbici sull’acquisto di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione. La partita è ancora tutta incentrata sui costi standard, visto che tra regioni, comuni e province, ci sono ancora spese eccessive per 13,4 miliardi. L’ipotesi più concreta è quella di ampliare l’azione della Consip, la società del Tesoro che gestisce la razionalizzazione degli acquisti nella pubblica amministrazione. Obiettivo è raddoppiare i risparmi da 5 a 10 miliardi. Il professor Francesco Giavazzi a fine giugno ha presentato il suo piano di sfoltimento agli incentivi alle imprese che non creano investimenti. L’economista ha individuato tagli per 10 miliardi (risorse che dovrebbero ridurre il cuneo fiscale) sui 30 complessivi elergiti ogni anno a pioggia alle nostra aziende. Compiti a casa fatti anche da Giuliano Amato.
L’EX premier, che ha anche messo a punto con altri economisti un piano per abbattere il debito grazie alle dismissioni, aveva ricevuto da Monti il compito di di razionalizzare i finanziamenti pubblici destinati a partiti e sindacati. Anche lui ha predisposto una stretta che va dalla riduzione dei rimborsi elettorali alla riduzione dei permessi sindacali. La partita più difficile spetta però al sottosegretario all’Economia Vieri Ceriani, che deve mettere mano alle 720 voci di spesa che riguardano bonus e detrazioni. La missione gli era stata affidata da Tremonti, che si attendeva un taglio da 20 miliardi. Bene che vada, Ceriani riuscirà a portare a casa 6-7 miliardi. E non certo per-chè gli manchino competenze tecniche, anzi. Ma perché si tratta di spese poco aggredibili.
Quotidiano nazionale – 10 agosto 2012