«Eccessi di spesa» per un totale di 10 miliardi di cui 2,4 di Regioni, 2,3 di Province, 4,6 di grandi comuni. Il supercommissario per la spending review, Enrico Bondi, affila le forbici guardando a settembre, quando – come ha detto – ci sarà il «redde rationem» con gli enti locali, che per la verità già nel decreto legge ora all’approvazione della Camera si sono già visti anticipare, con modalità lineare, sostanziosi tagli di spesa.
Con una sorta di «trappola statistica» Bondi ha identificato uno per uno i Comuni, le Regioni e le Province che spendono troppo. L’unica cosa certa è che – semplificando un po’ – una volta che i dati vengono messi su un foglio, tutti quelli che superano la mediana si possono tagliare, o almeno provare a ridurre .
Il dossier del supercommissario è stato presentato nei giorni scorsi in Parlamento ed è diviso in tre studi. Il primo, elaborato con i dati del Sistema Informativo sulle Operazione degli Enti pubblici (Siope) calcola gli eccessi di spesa di Regioni, Province, Comuni ma anche delle università (pari a 532,4 milioni) e degli enti di Ricerca (276, 2 milioni). Un secondo studio, basato su informazioni Istat, focalizza l’attenzione sulle sottocategoria della spesa per consumi intermedi dei comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti. Un terzo volume analizza invece l’inefficienza di spesa per i pagamenti dei comuni, in base ai dati di Sose (Soluzioni per il sistema economico).
L’esame è condotto guardando da un lato al rapporto della spesa per la popolazione e dall’altro al rapporto tra spesa e dipendenti. Gli eccessi di spesa delle regioni sono ammontano a 2.470,4 milioni di euro: pesa molto il Sud (1.078,5 milioni) ma anche il Nord (1.005,5 milioni), seguito dal Centro (386,5 milioni).
Per i Comuni, invece, l’importo sopra la mediana è di 4.607,8 milioni di euro: 2.004,0 milioni nei comuni del Nord, 1.667,8 in quelli del Centro, 935,9 milioni per quelli del Sud e delle isole. I 2.293 milioni degli eccessi di spesa delle Province, invece sono ripartiti per 931 milioni al Nord 518,5 al Centro e 842,8 al Sud.
A questi dati, poi, lo studio aggiunge risultati relativi alle Università e degli enti di ricerca. Le prime hanno eccessi per un totale di 523 milioni. A guidare la classifica è il Politecnico di Milano con 56 milioni di eccessi, seguito dall’Ateneo di Bologna (31,5 milioni), dall’Università di Milano (28,1 milioni) e da quella di Torino (27,3 milioni). Nel mirino poi ci sono 276 milioni degli enti di ricerca: guidati dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (76 milioni) e dal Cnr (50 milioni).
Un secondo studio analizza nel dettaglio le diverse tipologie di spesa che i Comuni possono rimodulare: quelle per i beni, quelle per i servizi e quella per l’utilizzo di beni terzi. In questo caso emerge una spesa in eccesso per 3.154 milioni, nulla quale applicare tre ipotesi di riduzione. Con un taglio meno forte i comuni con valori «anomali» sono 190 e la spesa da tagliare è pari a 416 milioni. Allungando un po’ le forbici, con un taglio di valore intermedio, i comuni spendaccioni salgono a 1.310 e i risparmi a 1.112 milioni. Un taglio deciso, invece, prenderebbe nella rete 1.851 comuni con risparmi per 1.498 milioni di euro.
Il Messaggero – 3 agosto 2012