Su 26 miliardi di tagli, i tecnici non sono riusciti a trovare 38 milioni per salvare pochi “salvaguardati”. La scusa: “Non c’è copertura”. E Bondi promette la resa dei conti alle regioni e agli enti locali
Nemmeno 40 milioni di euro in un provvedimento che movimenta 26 miliardi. E la cifra che il governo s’è rifiutato di trovare – o, secondo la versione ufficiale, hasostenuto di non riuscire a trovare – per includere altri duemila lavoratori esodati nella platea dei cosiddetti “salvaguardati”. È l’ennesimo pasticcio sugli effetti perversi della riforma delle pensioni approvata a dicembre che la squadra di Mario Monti è riuscita a collezionare in pochi mesi: in particolare, questo nuovo capitolo riguarda il decreto spending review, approvato ieri in Senato e atteso alla conversione definitiva prima della pausa estiva (la settimana prossima, se tutto va come deve). Nel provvedimento, Elsa Fornero fornisce in cifre la sua personale visione della storia: oltre ai 65mila già “coperti” con la prima manovra dei professori. Infatti. La ministro del Welfare nella spending review ha inserito i fondi per altri 55mila esodati, arrivando così alla quota magica di 120mila. Come ricorderete questo è, secondo la professoressa torinese, il numero definitivo di quanti si ritrovano senza stipendio e senza pensione per via dell’aumento dei limiti previdenziali: prima aveva detto 65mila, poi a giugno erano venuti fuori dei numeri dell’Inps da mani nei capelli (390mila e dispari) e Fornero aveva risposto che no, al massimo sono 120mila e che l’istituto di previdenza forniva dati “parziali e fuorvianti”. Tutto a posto? Macché. A parte ogni altra considerazione, qualcuno in Senato s’accorge che dai 55mila nuovi salvaguardati ne restano fuori duemila che avrebbero bisogno subito del paracadute statale. Costo: 38 milioni in tutto. Risposta: non ci sono soldi. “Non li hanno trovati ed è una cosa che grida vendetta”, scandisce Massimo Garavaglia, senatore leghista e vicepresidente della commissione Bilancio: “Questi duemila lavoratori con il marchio esodati vengono da Finmeccanica e sono rimasti fuori, eppure si è tentato, qualche volta con successo, di inserire nella spending review le solite marchette. Faccio solo un esempio: c’era proprio bisogno di dare altri 30 milioni a Roma Capitale?”. Il problema, dicono fonti vicine al dossier, non sono i soldi, ma il fatto che sarebbe stata l’ennesima sconfessione dei numeri forniti al paese e al Parlamento da Elsa Fornero, nonché una nuova apertura del vaso di Pandora, visto che in particolare l’ala sinistra del Pd continua a chiedere di non quantificare una platea, ma di garantire a chiunque si venga a trovare nella condizione di “esodato” di poter andare in pensione con le vecchie regole. La battaglia, dice Cesare Damiano, continuerà, mettendo il ministro e il suo premier nella spiacevole condizione di dover rispondere ad almeno una domanda imbarazzante: com’è possibile, s’è chiesto Sergio D’Antoni, che “il risparmio derivante dalla riforma, secondo il governo, sia esattamente di 280 milioni nel 2012 e 315 nel 2013”, mentre “per coprire 110mila esodati si dichiara che servono quasi dieci miliardi?” Deduzione: “O c’è un errore prima o c’è un errore dopo” (la tesi è che l’errore sia nella sottostima dei risparmi, ndr). Si sono salvati, almeno, gli insegnanti che si ritroveranno in esubero: potranno andare in pensione con le vecchie regole quelli che maturano i requisiti entro settembre.
VA SEGNALATO che oltre alla spending review su cui ieri il governo ha incassato la sua trentesima fiducia, ce n’è una che sembra in arrivo per settembre: “Per allora avremo finito il lavoro sui costi standard di regioni ed enti locali e ci sarà il redde rationem”. La previsione minacciosa è del commissario ai tagli Enrico Bondi, ieri in audizione parlamentare, che promette altri risparmi anche da “una banca dati in cui mettere in rete tutte le centrali per gli acquisti”. Non servono solo “comportamenti virtuosi”, insiste poi il nostro, ma bisogna anche “moderare le richieste perché le risorse sono finite: di qualcosa si può fare a meno”. Non ha chiarito di cosa, bontà sua, il commissario, e neanche come, durante una recessione, si speri di rilanciare la crescita continuando a tagliare la spesa: la spesa di uno, infatti, è sempre il reddito di qualcun altro.
Italia Oggi – 1 agosto 2012