Incostituzionali interventi di taglio alle finanze di regioni ed enti locali a tempo indeterminato. Il legislatore deve fissare termini ancorati all’ambito temporale delle leggi finanziarie, cioè di tre anni.
La Corte costituzionale, con la sentenza 17 luglio 2012, n. 193, ha posto un freno alla tendenza della legge statale a invadere l’autonomia finanziaria riconosciuta dall’articolo 119 della Costituzione a regioni ed enti locali, con misure di volta in volta sempre più restrittive del patto di stabilità e di tagli al fabbisogno, fissate ultimamente senza limiti di tempo. In particolare, la Consulta ha bocciato senza appello l’articolo 20, commi 4 e 5, del dl 98/2011. II comma 4 ha esteso tagli molto rilevanti al fahbisogni degli enti territoriali, inizialmente limitati al triennio 2011-2013 a tutto il 2014 e «fino alla entrata in vigore di un nuovo patto di stabilità interno». Il comma 5 ha introdotto ulteriori limature al fabbisogno di comuni con oltre 5 mila abitanti, inizialmente limitati al 2012, trasformandole in tagli a tempo indeterminato. Si è trattato dei consueti tagli lineari alla spesa di regioni ed enti locali, apportati in maniera piuttosto indiscriminata, col consueto atteggiamento di portare parte rilevantissima del peso degli interventi finanziari dal centro alla periferia. La Carte costituzionale non ha stigmatizzato il merito dei tagli. La sentenza 193/2012 ricorda come precedenti sentenze abbiano rilevato la non incompatibilità con la Costituzione di norme che «si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente e non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi”, come quelle contenute nell’articolo 14 del dl 78/2010, convertito in legge 122/2010, in alcune sue parti novella lo con l’articolo dichiarato incostituzionale dalla Consulta. Secondo la sentenza 193/2012 ciò che stride con l’autonomia finanziaria degli enti locali non è tanto l’ammontare del contenimento della spesa imposto, quanto, invece, «l’estensione a tempo indeterminato delle misure restrittive già previste nella precedente normativa di cui sopra» che fa venir meno una delle condizioni considerate dalla giurisprudenza della Corte come elemento essenziale per la legittimità costituzionale delle leggi di contenimento della finanza locale: la temporaneità delle restrizioni. Le manovre finanziarie sono tali perché consistono in un aggiustamento dei conti e della spesa in vista del raggiungimento di un obiettivo, da cogliere entro un determinato arco di tempo. Nuovi interventi di aggiustamento sono ovviamente possibili, rivedendo l’obiettivo e il termine per conseguirlo. Dunque, gli aggiusta menti alla finanza pubblica debbono connotarsi, secondo la Consulta, «da un carattere transitorio», che non viene meno, nel caso dell’articolo 20, comma 4, del dl 98/2011 prevedendo che i maggiori tagli restino operativi «Fino all’entrata in vigore di un nuovo patto di stabilità interno». Infatti, nota la sentenza, »si tratta di formula priva di riferimenti temporali precisi, che consente il protrarsi sine die delle misure, le quali rimarrebbero così solo nominalmente temporanee». A maggior ragione vale per il comma 5 dell’articolo 20, che elimina del tutto ogni orizzonte di durata temporale ai tagli ai fabbisogni e all’indebitamento degli enti soggetti al patto di stabilità interno.
ItaliaOggi – 24 luglio 2012