Il direttore generale Gubitosi è stato nominato con un contratto ‘a tempo indeterminato’. Da 650 mila euro l’anno. Che quindi continuerà a prendere anche se dovessero sostituirlo. Ma il governo Monti non era quello della flessibilità per tutti?
«Il posto fisso è monotono» disse il presidente del consiglio Mario Mario Monti qualche mese fa, cercando di convincere i giovani a rinunciare al mito del lavoro sicuro.
Ma diversamente dal premier e dal ministro Elsa Fornero devono pensarla i due manager che Monti stesso ha designato per guidare la Rai, ovvero Luigi Gubitosi e Anna Maria Tarantola. Infatti, il manager con lunga esperienza in Fiat e Wind, appena nominato Direttore generale della tv di stato, proprio su proposta del presidente Tarantola, ha ottenuto un contratto a tempo indeterminato. E, oltre tutto, da 650 mila euro l’anno. Il tutto deciso con un voto quasi unanime, con la sola astensione di Antonio Verro, consigliere in ‘quota PdL’.
Insomma, proprio mentre in Parlamento è appena stata approvata una riforma del lavoro che modifica l’articolo 18 in nome della maggiore flessibilità, gli uomini di Monti in Rai sanciscono che il generoso stipendio di Luigi Gubitosi peserà sugli incerti conti di Viale Mazzini anche quando smetterà di ricoprire l’incarico di direttore generale: se dopo le elezioni dovessero cambiare gli equilibri politici, l’anno prossimo, a Gubitosi dovrà andare un’altra poltrona con pari stipendio, sempre a spese di chi paga il canone.
Un’enormità che non ha mancato di suscitare perplessità nel rappresentante della Corte Dei Conti nel consiglio di amministrazione della Rai, che, infatti, ha espresso ‘riserve’ sul voto e sulle conseguenze che il contratto di Gubitosi determinerà sui conti di Viale Mazzini.
Anche ad Augusto Minzolini, l’ex direttore del Tg1, era stato dato un contratto simile: infatti, rimosso dal Tg1, ha continuato e continua a ricevere lo stesso stipendio di prima. Il tutto avviene mentre la Rai vive un momento particolarmente difficile dal punto di vista economico. Molte sedi all’estero sono state chiuse, i dipendenti non vedono rinnovato il proprio contratto ormai da tre anni, e i premi di produzioni non vengono assegnati ormai da tempo. Addirittura è stato previsto il taglio del 30 per cento del compenso dei consiglieri di amministrazione.
A fronte di tutto questo, del momento difficile dell’azienda, e dell’azione di risanamento in corso in tutto il paese, il Presidente Tarantola ha comunque proposto per Gubitosi il medesimo contratto del predecessore, Lorenza Lei, senza alcuna riduzione, con l’aggravio del contratto a tempo indeterminato. Persino Mauro Masi, in tempi di austerity, si tagliò lo stipendio del 10 per cento; Lorenza Lei, prima di veder adeguato il suo stipendio -essendo una risorsa interna alla Rai – dovette aspettare mesi.
Il presidente Anna Maria Tarantola, che in attesa delle deleghe si ‘accontenta’ di 400mila euro circa, nella prima riunione del CdA da lei presieduta, paradossalmente, subito dopo aver proposto il contratto del nuovo DG, ha indicato nel ‘risanare i conti’ il primo obiettivo della sua presidenza (leggi).
Il tutto acquisisce, infine, un tono ancor più beffardo alla luce del tanto atteso – e ancora non perfezionato – tetto degli stipendi dei manager pubblici, che lo stesso consiglio dei ministri ha quantificato nella cifra di 294 mila euro lordi l’anno, ovvero lo stipendio del Primo presidente della Corte di Cassazione, ma meno della metà del contratto di Luigi Gubitosi.
L’Espresso – 19 luglio 2012