L’11,1% delle famiglie italiane, pari a 2 milioni 782mila nuclei, é povero in termini relativi. Un dato che coinvolge oltre otto milioni di persone, cioé il 13,6% della popolazione.
È quanto emerge dal rapporto Istat sulla povertà in Italia, presentato questa mattina, e relativo al 2011. Peggiora la condizione delle famiglie con un figlio minore, sia in termini di povertà relativa (dall’11,6% al 13,5%), che di povertà assoluta (dal 3,9% al 5,7%).
Nel Mezzogiorno si fa più difficile la condizione delle persone sole (dal 13,3% al 16,2%), in particolare degli under 65enni (dal 7,6% al 10,6%), con profili professionali e titoli di studio bassi.
In povertà assoluta 415mila persone
Un milione e 297mila famiglie (il 5,2% delle famiglie residenti) risultano in condizione di povertà assoluta, per un totale di 3 milioni e 415 mila individui (il 5,7% dell’intera popolazione). La povertà assoluta risulta sostanzialmente stabile rispetto al 2010, sia a livello nazionale sia nelle singole ripartizioni geografiche. In particolare, rileva l’Istat, aumenta l’incidenza di povertà assoluta tra le famiglie con persona di riferimento non occupata (dal 5,9% al 6,6%), in particolare se è ritirata dal lavoro (dal 4,7% al 5,4%) e, in assenza di redditi da lavoro, almeno un componente è alla ricerca di occupazione (dall’8,5% al 16,5%). Un peggioramento si osserva anche tra le famiglie con a capo una persona con basso livello professionale (operaio, dal 6,4% al 7,5%) e con basso titolo di studio (con al più la licenza elementare dall’8,3% al 9,4%, con la licenza di scuola media inferiore dal 5,1% al 6,2%). Infine, peggiora la condizione delle coppie con un figlio (dal 2,9% al 4%), in particolare se minore (dal 3,9% al 5,7%).
Il 5,2% delle famiglie é povero in termini assoluti. Dal report emerge che la soglia di povertà relativa per una famiglia di due componenti è pari a 1.011,03 euro. Rispetto all’anno precedente nel 2011 c’è una sostanziale stabilità della povertà relativa, che deriva dal peggioramento del fenomeno delle famiglie in cui non vi sono redditi da lavoro o vi sono operai, compensato dalla diminuzione della povertà delle famiglie di dirigenti e impiegati.
Incidenza di povertà: situazione grave in Sicilia e Calabria
La provincia di Trento (3,4%), la Lombardia (4,2%), la Valle d’Aosta e il Veneto (4,3%) presentano i valori più bassi dell’incidenza di povertà. Si collocano su valori dell’incidenza di povertà inferiori al 6% la Toscana, l’Emilia Romagna e le Marche (5,2%), il Friuli Venezia Giulia (5,4%) e il Piemonte (5,9%). A eccezione dell’Abruzzo, dove il valore dell’incidenza di povertà non è statisticamente diverso dalla media nazionale, in tutte le altre regioni del Mezzogiorno la povertà è più diffusa rispetto al resto del Paese. Le situazioni più gravi si osservano tra le famiglie residenti in Sicilia (27,3%) e Calabria (26,2%), dove sono povere oltre un quarto delle famiglie.
Al Sud una spesa media equivalente di circa 780 euro
A fronte della stabilità della povertà relativa al Nord e al Centro, nel Mezzogiorno si osserva un aumento dell’intensità della povertà relativa: dal 21,5% al 22,3%. In questa ripartizione la spesa media equivalente delle famiglie povere si attesta a 785,94 euro (contro gli 827,43 e 808,72 euro del Nord e del Centro).
Anziani sempre più in difficoltà
L’Istat registra segnali di peggioramento tra le famiglie senza occupati né ritirati dal lavoro, famiglie cioè senza alcun reddito proveniente da attività lavorative presenti o pregresse, per le quali l’incidenza della povertà, pari al 40,2% nel 2010, sale al 50,7% nel 2011. I tre quarti di queste famiglie risiedono nel Mezzogiorno, dove la relativa incidenza passa dal 44,7% al 60,7%. Un aumento della povertà si osserva anche per le famiglie con tutti i componenti ritirati dal lavoro (dall’8,3% al 9,6%), che, in oltre il 90% dei casi, sono anziani soli e coppie di anziani; un leggero miglioramento, tra le famiglie in cui vi sono esclusivamente redditi da pensione, si osserva solo laddove la pensione percepita riesce ancora a sostenere il peso economico dei componenti che non lavorano, tanto da non indurli a cercare lavoro (dal 17,1% al 13,5%).
La situazione peggiora per le famiglie con un figlio minore
Tra le famiglie con un figlio minore, in particolare coppie con un figlio (a seguito della diminuzione di quelle in cui entrambi i coniugi sono occupati e dell’aumento di quelle con uno solo e con nessun occupato), l’incidenza di povertà relativa dall’11,6% sale al 13,5%; la dinamica – spiega l’Istat – è particolarmente evidente nel Centro, dove l’incidenza tra le coppie con un figlio passa dal 4,6% al 7,3 per cento.
“Sorridono” solo dirigenti o impiegati
Segnali di miglioramento si osservano solo tra le famiglie con persona di riferimento dirigente o impiegato (dal 5,3% al 4,4%); nel Mezzogiorno, per queste famiglie, l’incidenza di povertà scende dal 14,2% all’11,1% e si affianca al miglioramento osservato tra le famiglie con persona di riferimento con almeno un diploma di scuola media superiore (dal 13,9% all’11,3%).
ilsole24ore.com – 17 luglio 2012