Lo scandalo dei 28mila forestali e i precari usati come «dote» elettorale gravano sull’economia del Paese. Ora la Regione deve solo sforbiciare
Gentile presidente della Regione Sicilia,
è con vero piacere che mi accingo a risponderle, anche perché la sua lettera è uno spunto utile per fare chiarezza attorno a una serie di misteri siciliani. Cominciamo dal suo preambolo. Lei dice che bisogna «spiegare l’origine e il motivo di tante scelte accumulate nei decenni precedenti, che hanno prodotto conseguenze dirompenti per l’economia e la società siciliana». Non mi sfugge ovviamente l’abilità con cui lei sposta su chi l’ha preceduta il peso della responsabilità di molte decisioni discutibili, ma non è questo il punto. Piuttosto a colpirmi è che lei non si accorga di come le conseguenze in realtà non siano a carico dell’economia e della società siciliane, ma di quelle italiane.
Se la Regione, il Comune e le decine di enti che fanno capo all’amministrazione pubblica dell’isola da lei guidata perseguono una politica clientelare e di spreco, il conto non lo paga la società siciliana, ma le casse della Repubblica italiana, dunque di tutti i contribuenti, dalle Alpi alla Sicilia. E non credo che si tratti di punti di vista
Ma veniamo al merito. Lei ci contesta di aver pubblicato dati sbagliati. I dipendenti al servizio di Palazzo dei Normanni non sarebbero 25 mila ma poco meno di 17 mila. Eppure, io stesso avevo scritto che conoscere il numero delle persone a libro paga della Regione era difficile, dato che le cifre non sono concordi: 16 mila secondo alcuni, 25 mila secondo altri. L’incertezza è data dal fatto che molti sono impiegati in enti distaccati e dunque non figurano tra le cifre ufficiali, un po’ come i conti di quelle società che non consolidano il proprio bilancio e perciò possono nascondere proventi o debiti di imprese che, pur facendo parte del gruppo, non figurano tra quelle rendi-contate. Del resto, dubbi sul numero del personale li ha perfino la Corte dei conti, che infatti parla di ventimila
Ma ammettiamo pure che le persone in servizio alla Regione Siciliana siano «solo» 17 mila e che un terzo di queste siano impiegate per svolgere servizi che altrove sono propri dello Stato: come li giustifichiamo gli altri due terzi? Se la Lombardia ha 3 mila dipendenti, perché la Sicilia ne deve averne 10 mila per svolgere analoghe funzione? La sua Regione non ha forse la metà degli abitanti di quella amministrata da Fomrigoni? A parità di compiti, dunque, ne dovrebbero bastare 1500, ma visto che sono generoso diciamo che ne servono duemila. E gli altri Che fanno? Lei nella sua lettera fa cenno anche al personale precario, stagionale o a tempo determinato, altre decine di migliaia di operai e commessi che ogni anno vengono inquadrati a spese della pubblica amministrazione.
Ma questi «precari» li avete creati voi. Il lavoro stagionale o a terrine è stato nel corso degli anni il sistema con cui la classe politica siciliana, ma non solo, ha aggirato le norme sugli organici e sui vincoli d’assunzione. Ormai lo sanno anche i sassi: in questo modo molti amministratori si sono garantiti, e purtroppo si garantiscono, la propria base elettorale.
Vuole un esempio? I cosiddetti forestali, da non confondersi con gli agenti del corpo forestale. In Sicilia sono 28 mila e come dice lei hanno il compito di difendere i boschi dai piromani. Peccato che nel 2010 la Sicilia sia stata la Regione più colpita dal fenomeno degli incendi dolosi: 203 chilometri quadrati di vegetazione andati in fumo, quasi il 50 per cento di tutto quello che è bruciato in Italia.
Poi, mi spieghi, scusandomi se uso ancora la Lombardia come parametro: ma se Formigoni ha 500 forestali per 660 mila ettari di bosco, perché lei ne ha 28 mila per 250 mila ettari? Perfino il suo assessore, Andrea Vecchio, nutre qualche dubbio a proposito dell’utilità di questo esercito, al punto da aver avviato un’indagine per appurare se sia vero che molti forestali oltre a quello regionale svolgano un altro lavoro.
Lei poi dice di aver bloccato le assunzioni e di aver avviato un’operazione di contenimento della spesa. Ma se le cose stanno così, perché, dopo aver già assunto in pianta stabile migliaia di precari, insiste a volerne «stabilizzare» altri? Perché la Corte dei conti dice che il debito, dai cinque miliardi del 2011, è destinato a salire a sette quest’anno? Se a Palazzo dei Normanni vige tutto questo rigore e rispetto delle norme, perché, dopo aver creato una cabina di regia per l’utilizzo dei fondi comunitari dal costo annuo di 340 mila euro, si è fatto sfuggire 600 milioni di fondi Ue non impiegati, mentre altri sei miliardi rischiano di volatilizzarsi? Vede, caro Governatore, noi non giochiamo con le parole: stiamo ai dati.
Dunque, se lei annuncia che si dimette, noi registriamo che lascerà il 31 di luglio, come da sua promessa. Se invece questo serve a bloccare l’iter costituzionale per la riduzione dei consiglieri regionali da 90 a 70 e poi ricominciare tutto da capo, spese e clientele comprese, questo è un altro conto. Che oltre ai giornali riguarda i cittadini, non solo quelli siciliani, ma tutti quelli che pagano le tasse. Oltre naturalmente a un governo che dice di voler fare la spending review ma assiste impassibile ai giochi dei vecchi gattopardi.
Maurizio Belpietro – Libero – 16 luglio 2012