La scelta del governo Monti di fare cassa tagliando ancora il fondo sanitario è cervellotica e pericolosa.
Da una parte si salvano i piccoli ospedali con una sensibilità federalista e costituzionalista che farà vibrare d’orgoglio qualche governatore, dall’altra si tagliano i posti letto sia negli ospedali buoni che in quelli inefficienti, se non inappropriati, che – subìto il taglio – resisteranno campanilisticamente, più che mai motivati dall’esiguo sacrificio, alla chiusura.
Si scopre – con qualche decennio di ritardo e per la gioia dei titoli di giornale – che le siringhe possono costare da 1 centesimo a 1 euro l’una e non si immagina che tutto questo potrebbe essere legato a una gestione quanto meno sospetta della spesa sanitaria che certamente non dispiace alla politica delle mazzette come alla criminalità organizzata che, come permea le giunte comunali, può intaccare il management della sanità.
Illustri commentatori si esercitano sull’ampiezza dell’ombrello dei LEA, sostenendo che non possiamo più permetterci una sanità cosi dispendiosa, che lo stato deve arretrare il welfare all’essenziale. La questione da porre al centro del dibattito è un’altra: lo stato è già arretrato lasciando campo aperto alla cattiva politica, alla cattiva amministrazione e al malaffare. Ora, il patto di stabilità di cui il paese ha bisogno, il governo deve sottoscriverlo con le forze sane del paese, insieme alle quali buttare a mare consociativismo spartitorio, collusioni e interessi inconfessabili. Questa è la strada sulla quale siamo disposti a seguire Monti. Il Governo e le Regioni sono disposti a farlo o vanno dritti verso un accordo di sopravvivenza che esiterà in un Ssn per poveri? Aspettiamo di saperlo in un incontro chiarificatore. Diversamente si aprirà uno scontro che almeno ci consentirà di difendere fino alla fine quello in cui crediamo: i valori fondanti della Costituzione.
9 luglio 2012