La pattuglia al lavoro sulla costa salentina per salvare la specie. Un progetto finanziato dall’Unione europea
La tartaruga caretta caretta depone le sue uova al buio. Tra la notte e il mattino. E lo fa lì dove è nata, 25 anni prima. Esperti ritengono che ciò avviene grazie alla sua memoria legata al magnetismo terrestre. Alla schiusa delle uova tra la sabbia temperata delle spiagge del Mediterraneo d’estate, i piccoli provano a raggiungere la luce, il mare. E durante questo breve, ma faticoso percorso, memorizzano le caratteristiche ambientali dell’arenile e le sue coordinate. Che dopo 25 anni, le femmine ricercano per la prima cova, provando a riconoscere il luogo di origine. Da un mese, Simona si sveglia ogni giorno alle 4 e 30 del mattino. Perché entro le 6 deve raggiungere lido Acqua dolce, a Marina di Maruggio, sul litorale tarantino.
Simona ha 35 anni ed è una veterinaria tarantina appassionata di tartarughe marine, in pericolo d’estinzione. Ogni mattina incontra altri tre operatori con cui cammina per i sette chilometri di litorale di loro competenza previsti nel progetto di «monitoraggio della popolazione della specie caretta caretta». Un programma finanziato dall’Unione europea, di cooperazione transfrontaliera Grecia-Italia, per la protezione dei siti marini di interesse comunitario, denominato Protection action for cross-border and joint management of marine sites of community interest (Natura 2000). «Per la prima volta in Puglia si tenta di controllare e rilevare i luoghi di nidificazione delle tartarughe marine – spiega Simona – dopo gli avvistamenti degli anni scorsi». Da Torre Guaceto, nel Brindisino, a Campomarino di Maruggio, nel tarantino, oltre 100 chilometri di costa vengono battuti palmo a palmo, ogni mattino fino alle 9, a piedi, da 30 operatori alla ricerca dei nidi. Gli operatori si dividono in coppie il loro transetto, la porzione di costa individuata, in cui è presumibile che le caretta caretta tornino a nidificare. L’operazione, iniziata il 10 di giugno, terminerà il 10 di agosto. I transetti sono 18 e riguardano tre siti di interesse comunitario: Torre Guaceto, Porto Cesareo e le Dune di Campomarino. Ma la costa battuta conta anche i tratti tra Torre Lapillo e la Marina di Nardò, parte della marina di Gallipoli, quello tra la marina di Ugento e quella di Pescoluse, e quello che va da i laghi Alimini fino alla marina di Ostuni.
Il consorzio della riserva marina di Torre Guaceto è il partner capofila, assieme a quello di gestione dell’area marina protetta di Porto Cesareo e alla Regione Puglia. Un identico lavoro si svolge in Grecia. I risultati verranno poi confrontati. «L’obiettivo è quello di individuare i luoghi di nidificazione per proteggerli dalle persone, che possono calpestarli, e dalle pale meccaniche dedita alla pulizia dei lidi privati. Per questo chiediamo la massima collaborazione. Invitiamo la gente a non toccare i piccoli. Sappiamo che la curiosità porta a farlo, ma è importante che raggiungano il mare da soli. Perché in futuro dovranno ritrovarlo» spiega Francesca Crispino, naturalista calabrese della cooperativa Greenwood, responsabile del progetto assieme a Giacomo Marzano, biologo del centro di recupero per le tartarughe marine di Rauccio, in provincia di Lecce. Fino a oggi nessun nido è stato trovato. Perché l’esperienza insegna che da queste parti, le caretta caretta vengono a deporre nella seconda metà di luglio. A cinque esemplari verranno applicati dei microchip per seguire il loro flusso migratorio. «La femmina depone le uova ogni due anni – racconta Crispino – e lo fa tre volte nella stessa stagione. Ne rilascia in media 100 per nido, che si schiuderanno nell’arco di 45 giorni. In pochi sopravviveranno. Nella Calabria Ionica, nel reggino in particolare, avvistiamo almeno 20 nidi all’anno. In Puglia, se ne sono visti al massimo tre negli anni scorsi. Speriamo di vederne ancora e conservare l’ambiente ideale perché questa specie di riproduca».
10 luglio 2012