Adottato dalla Serbia prima della soppressione in un canile. Poi il gesto da piccolo eroe. Premio al meticcio che fermò un’auto prima del burrone. «Mi è saltato sulle gambe e mi ha costretto a frenare»
Non è un incrocio tra un San Bernardo e un pastore scozzese come Buck, il cane coraggioso del Richiamo delle foresta . E non siamo neanche in California o in Alaska. È un giovane bastardino di nome Leo, un cagnetto bruno con le zampe bianche e un muso dolce e nerastro da volpino, ma anche lui è un piccolo eroe, che il 16 agosto verrà premiato a San Rocco di Camogli, per la festa patronale, con il Premio Fedeltà del Cane: San Rocco protegge i cani e Leo, nel suo piccolo, non è un leone ma protegge gli uomini, se può.
Siamo in mezzo al Parco Nazionale delle Cinque Terre, montagna che guarda il Mar Ligure, a strapiombo. Leo arriva dalla Serbia il 15 settembre 2011, destinazione Prevo, dove abita Pierpaolo Paradisi, che sorridendo si definisce «il guardiano del faro», visto che in quel nucleo antichissimo, «il posto più bello e selvaggio delle Cinque Terre», è rimasto solo. Tre mesi prima aveva chiesto di adottare un cane, attraverso l’associazione HumAnimal, impegnata nel mettere in salvo gli animali domestici abbandonati dopo la guerra nell’ex Jugoslavia: sono migliaia di cani e gatti randagi lasciati al loro destino dalle famiglie riparate nei rifugi sotto i bombardamenti. Finita la guerra, si sono moltiplicati all’infinito, in parte muoiono ancora di freddo e di fame, in parte vengono accalappiati, e siccome i canili non possono contenerli tutti e non dispongono di siringhe per l’eliminazione indolore, vengono soffocati dentro sacchi della spazzatura o ammazzati a bastonate. I preferiti di San Rocco, come Leo, strappati al macello, riescono a emigrare.
Nell’ottobre scorso Leo è da un mese a Prevo, un paio di chilometri da Corniglia, che si trova su uno sperone a picco sul mare, ed è felice nella casa di sasso di Pierpaolo, giardino, panchine di legno, piante, arbusti, prati, scalette polverose, archi, ruderi, dodici gatti con cui giocare, l’orizzonte da osservare oltre gli sterpi, una palla colorata da rincorrere e un cuscino su cui dormire. Il paradiso di Paradisi, il suo padrone, single sardo cinquantenne, che si è dedicato per anni al volontariato nel Varesotto e che da tre anni lavora all’Osservatorio sulla povertà della Caritas di La Spezia. Leo è a Prevo da un mese e probabilmente ha ancora negli occhi e nel naso il terrore di Belgrado. La mattina del 25 ottobre, c’è un tempo maledetto e Pierpaolo non ha voglia di andare in treno a La Spezia, lasciando Leo in giardino. Decide per la prima volta di caricarsi in macchina il cagnetto e di partire con la sua Nissan Serena.
Verso l’una e mezza, i tuoni e i lampi fanno paura e l’acqua viene giù a secchiate. Meglio chiedere il permesso e rientrare prima, non si sa mai. Con i temporali, da queste parti, le strade non sono mai sicure, specie i 30 chilometri che da Riomaggiore portano a Corniglia, tutti strettoie e curve ripidissime sui dirupi. Di solito si apre un panorama fantastico, ma quel giorno il pomeriggio è già buio e bisogna accendere i fanali, già a Manarola una grandine mai vista con chicchi grandi come noci bombarda il parabrezza. Dopo una mezz’ora di terrore, la strada si biforca, da una parte verso Vernazza, dall’altra si innalza verso San Bernardino e Corniglia. Leo finora è rimasto immobile dietro, dove Pierpaolo gli ha fatto spazio togliendo il sedile posteriore. Sotto quell’inferno, l’auto procede a passo d’uomo, ma dopo 200 metri dal bivio, Leo cambia improvvisamente umore e con un salto fulmineo si ritrova sulle gambe del suo padrone, che deve inchiodare di colpo. Pierpaolo con il cuore in gola fa in tempo a spostare il cagnetto tremante sul sedile di destra e mentre lo sente guaire, vede davanti a sé la montagna che collassa, sprofonda giù in un vuoto senza fondo che inghiotte tutto. «Davanti a noi – ricorda Paradisi – ho visto una Panda trascinata dalla frana. La frana ha sfiorato il muso della nostra auto e se Leo non mi avesse dato l’allarme saremmo precipitati: ha sentito il pericolo e mi ha urlato fermati, fermati, salviamoci, non andiamo incontro alla morte!». Pierpaolo se lo riprende in grembo e rimangono abbracciati con le pulsazioni a mille: «Eravamo insieme da poco più di un mese e da quel momento ci siamo sentiti inseparabili».
Restano fermi così, per dieci minuti, con il rombo delle frane che ancora si muovono e la grandine che non cessa. Pierpaolo non ha idea di quel che si è scatenato in tutta la Liguria, chiama i carabinieri che gli rispondono dopo 20 minuti: «È il finimondo, non possiamo mandare nessuno, mettetevi in salvo come potete». Pierpaolo parla in prima persona plurale: «A quel punto ci siamo fatti coraggio, siamo riusciti non so come a fare retromarcia e a girare l’auto, era tutto quel che potevamo fare. Siamo scesi e a piedi abbiamo cercato di raggiungere Corniglia per arrivare a casa, non sapevamo che a Vernazza l’alluvione stava per trascinare via anche la stazione». Fatti pochi passi, Pierpaolo e Leo capiscono che non si può andare avanti e tornano indietro, la terra non smette di sprofondare e il cielo non finisce di mandare acqua: «Abbiamo desistito e siamo tornati in auto, fradici, zuppi, avremo dormito in tutto un’oretta, fino al mattino, al freddo, al buio, e senza notizie. Solo l’indomani…».
Il giorno dopo i due sentono gli elicotteri volare bassi, non c’è anima viva nei dintorni: «Abbiamo deciso di muoverci e camminando ci siamo ritrovati dentro uno scenario di guerra, pieno di frane e di disperati, pezzi di asfalto e di guard rail ovunque, si sentivano poche voci, qualcuno che cominciava a darsi da fare con pala e piccone, qualcuno chiamava e nessuno rispondeva, un elicottero sorvolava una barca a vela naufragata». La casa di Pierpaolo e Leo è rimasta intatta, ma la gigantesca frana caduta sotto San Bernardino ha fatto sprofondare la Provinciale e ha resa inagibile l’abitazione: niente acqua e niente elettricità. «Per fortuna a La Spezia avevo una camera in cui, per i turni di notte, potevo dormire con i profughi nigeriani… Poi un amico mi ha lasciato la sua casa, a 50 metri dalla nostra. Ora stanno lavorando a ricostruire la montagna: ci sono dei cartelli con su scritto: Lavori di somma urgenza ». Il piccolo grande Leo scodinzola sulle gambe del suo padrone. San Rocco lo guarda con un sorriso.
Corriere.it – 3 luglio 2012