Sono strutture esterne all’ospedale e rimovibili. I container del Magalini ospiteranno entro giugno chirurgia, urologia e ortopedia di Isola della Scala. Ma per casi gravi bisognerà andare a Bussolengo
Villafranca come l’Afghanistan. C’è una cosa che accomuna la città alle zone internazionali di conflitto: le sale operatorie prefabbricate all’ospedale Magalini, aperte nel 2007. I container mobili, utilizzati anche nelle missioni delle forze armate all’estero, quando occorre allestire ospedali che abbiano tutte le strumentazioni possibili, sono approdate a Villafranca cinque anni fa, per l’attività di chirurgia giornaliera.
Da luglio, però, faranno gli straordinari. Entro la fine del mese, infatti, da Isola della Scala saranno trasferiti i reparti di Chirurgia, Urologia e Ortopedia. Una bella notizia, per i villafranchesi che vedono il Magalini riprendere le attività ospedaliere e mantenute le promesse, molto spesso disattese. Un po’ meno per i cittadini di Isola della Scala che oggi alle 19 scenderanno in piazza per salvare il loro nosocomio, davanti al distretto sanitario. Campanilismi a parte, restano alcuni dubbi: come si potrà far fronte agli interventi chirurgici di un certo peso con le attuali sale operatorie? Non era meglio aspettare tre anni e l’ultimazione del Magalini? Sulla loro funzionalità interviene Paolo Cerioni, presidente della Commissione ospedale di Villafranca: «Sono sale operatorie che l’esercito e l’aeronautica usano da quindici anni nelle zone in cui svolgono missioni, dall’Afghanistan alle aree di conflitto. Possono svolgere tutte le funzioni e sono adatte a qualsiasi intervento. Ovviamente i casi più gravi saranno dirottati su Bussolengo o in altri ospedali dove c’è il reparto di rianimazione». Le attuali sale operatorie sono due: una coppia di container attaccati insieme, mobili, nel senso che possono essere asportati dall’ospedale senza intervenire sull’edificio. Ma sono ormai diventate un tutt’uno con la struttura, in attesa che siano ultimati i lavori per la costruzione del grande Magalini: allora (fra tre anni) le sale operatorie, quelle vere, saranno quattro. Per ora i cittadini dall’ingresso dell’ospedale accedono al blocco operatorio dal corridoio sulla destra. Entrando dalle porte scorrevoli sulla sinistra, non si accorgono di accedere, in realtà, in un corpo esterno all’ospedale: una sorta di palafitta, agganciata sul retro dell’avancorpo, il cui profilo si vede invece dal parcheggio dietro l’edificio. È un parallelepipedo bianco e basso, con una scaletta in ferro che scende dall’uscita di emergenza sulla rampa dello scivolo. Qui ogni giorno vi si recano cittadini che devono essere operati in «Day Surgery». Ovvero, già visitati e valutati in precedenza, si sottopongono a piccoli interventi che richiedono al massimo un’ora di tempo e per i quali sono dimessi in giornata, entro le 16. Sono interventi di chirurgia, urologia, oculistica: dalle ernie inguinali alle emorroidi, dalle varici alla rimozione di cataratte, dall’endoscopia urologica all’artroscopia del ginocchio e interventi di plastica cutanea. Secondo Cerioni, quello del trasferimento è una buona notizia, anche se presa con molta cautela: «Ci hanno garantito che saranno spostate queste tre specialità con tutte le attività connesse, per la fine di giugno. Dovrà arrivare, quindi, anche il pronto soccorso. Ora attendiamo che la parola sia mantenuta». La Commissione si sta muovendo per sapere con certezza cosa preveda la programmazione sanitaria sul Magalini. E proprio in questi giorni a Venezia si discute il piano sanitario regionale. Nel frattempo, qualche ruspa si aggira nell’area del cantiere del futuro ospedale. Nei giorni scorsi è stata asportata la piastra in cemento sul retro, per consentire i prossimi lavori di scavo.
L’Arena – 15 giugno 2012