Più poteri alla Consip per uniformare i costi di beni e servizi. Dai primi interventi i 4,2 miliardi necessari a evitare l’aumento Iva. Saranno poi trovate con la legge di stabilità le risorse per il 2013
I primi interventi della spending review assomiglieranno un po’ ai vecchi e deprecati tagli lineari: per il 2012 saranno fissati dei livelli di spesa, in particolare per la sanità e i ministeri, ai quali poi le amministrazioni interessate dovranno far seguire le conseguenti scelte concrete. Difficile fare diversamente, vista l’urgenza di assicurare intanto, in tempi rapidi, i 4,2 miliardi necessari a scongiurare l’aumento dell’Iva, che in base alla legge vigente, dovrebbe scattare dal primo ottobre.
Il governo conferma dunque la strategia in due tempi: subito le risorse necessarie per il 2012, mentre i restanti 10-12 miliardi relativi al gettito Iva del prossimo anno saranno individuati in autunno con la legge di stabilità. In quella sede – e ancora di più in vista del 2014- sarà probabilmente possibile affinare un po’ il lavoro, passando dai soli risparmi classificati dal ministro Giarda di tipo A e C (ossia relativi alla riduzione degli sprechi e la ridefinizione dei confini dell’intervento pubblico) a quelli di tipo B e D (riorganizzazione delle attività e revisione del perimetro del settore pubblico).
Per ora quindi si punta sulla ricognizione di Bondi, concentrata sugli acquisti di beni e servizi, e sui piani elaborati dai vari ministeri. La prima relazione del commissario straordinario dovrebbe arrivare in tempi rapidi: questa settimana, ma forse già oggi o domani. Tecnicamente, come previsto dal decreto di nomina, si tratterà di un cronoprogramma, presentato al comitato interministeriale di cui fanno parte anche il ministro della Pubblica amministrazione Patroni Griffi e Vittorio Grilli, vice ministro dell’Economia.
Le grandi linee del lavoro di Bondi sono fissate nello stesso decreto, che rafforza il ruolo della società pubblica Consip quale punto di riferimento peri prezzi pagati dalle varie amministrazione per l’acquisto di beni e servizi. E previsto in particolare che queste debbano applicare «parametri prezzo-qualità migliorativi» rispetto a quelli indicati nei bandi Consip. Insomma un macchina per la Tac o un contratto di pulizie dovrebbero avere tendenzialmente prezzi simili in tutta Italia, e possibilmente i più bassi, a parità di altre condizioni: cosa che attualmente non avviene.
Una grossa parte dell’intervento, almeno un terzo (dunque qualcosa come 1,3-1,5 miliardi) dovrà venire dalla sanità. Non è sorprendente: nella relazione del ministro Giarda presentata a fine aprile questa voce rappresenta il 33,1 per cento dei 295 miliardi di spesa potenzialmente aggredibili. Somma che poi si riduce al 30 per cento, poco meno di un centinaio (quelli di cui ha parlato il ministro ieri), se si considerano solo le possibilità di risparmio immediato.
Che il governo intendesse andare in questa direzione era risultato chiaro quando è stato bloccato il riparto del Fondo sanitario nazionale tra le Regioni. Tecnicamente era quasi un atto dovuto, visto che i governatori si erano già messi d’accordo fra loro su come dividere i 106,9 miliardi assegnati quest’anno dallo Stato; l’ammontare del Fsn e le eventuali riduzioni vengono definiti in anticipo, stavolta invece si taglieri in corso d’anno, con la necessiti di redistribuire poi il sacrificio a livello locale.
Gli interessati ovviamente non sono d’accordo: le Regioni hanno annunciato l’intenzionedi interrompere i rapporti con il governo. I risparmi comunque non riguarderanno il capitolo dei farmaci, ma quello degli altri acquisti di beni e servizi: settore che nella sanità è molto ampio e variegato visto che si va da prodotti quali una garza o una siringa ai più sofisticati macchinari di analisi.
Nel comparto ministeri la sforbiciata potrebbe toccare anche qualche spesa sensibile per l’opinione pubblica, come ad esempio quella relativa alle auto blu. Ma il lavoro più serio, per il quale serviranno probabilmente tempi più lunghi, è quello relativo alla razionalizzazione degli uffici periferici dello Stato sul territorio. Tendenzialmente, le varie articolazioni delle amministrazioni centrali (Inps, Inail, uffici del lavoro e così via) dovrebbero essere concentrate per quanto possibile in una sola struttura a livello provinciale. Ai notevoli risparmi per lo Stato (affitti, manutenzione, pulizia, ottimizzazione del personale) si aggiungerebbero anche vantaggi per il cittadino che con un solo viaggio potrà seguire pratiche diverse.
Il Messaggero – 28 maggio 2012