Alla fine, dopo una serie di deroghe eccellenti e di esclusioni istituzionali, si sarebbe applicata neanche al 10% dei dipendenti pubblici, 280 mila su 3 milioni.
Sempre che le amministrazioni avessero scovato fondi aggiuntivi per pagare i premi, eventualità niente affatto scontata in tempo di crisi. Ora, a quasi tre anni dalla riforma della meritocrazia dell’ex ministro della funzione pubblica, Renato Brunetta, si fa tabula rasa del sistema di classificazione dei dipendenti in tre fasce, l’ultima, pari al 25%, per i non meritevoli di nessun aumento. Il disegno di legge delega, a cui sta lavorando il ministro della funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, dopo l’intesa con i sindacati e in attesa dell’ok delle regioni previsto per domani, prende atto dell’impraticabilità della strada indicata dal suo predecessore. Nel mirino dei vertici di Palazzo Vidoni, il sistema di valutazione che renderebbe assai complicato arrivare a una classificazione del personale rispettosa dei valori espressi dai singoli. L’attenzione si sta spostando dalla valutazione dell’efficienza individuale a quella del servizio. Una scelta fortemente criticata da Brunetta, che, temendo l’azzeramento della rivoluzione culturale insita nella sua riforma, ha minacciato di votare contro in parlamento. Già non erano soggetti alle tre fasce di merito, così come declinate dal decreto Brunetta, i dipendenti della Presidenza del consiglio dei ministri, di cui fa parte in quanto dipartimento la stessa Funzione pubblica, ma anche del ministero dell’Economia, e poi le agenzie fiscali e gli enti di ricerca. Fasce disapplicate anche nella scuola che da sola conta un milione di lavoratori. Motivazione? Sistema impraticabile visto il lavoro del tutto particolare del docente.
E poi ci sono regioni, enti locali e sanità, che hanno adeguato i loro ordinamenti ognuno però a modo suo. Insomma, a poter essere classificati in base al sistema Brunetta, e ad avere gli aumenti, una volta sbloccati i fondi, sarebbero stati solo i dipendenti di ministeri ed enti pubblici non economici. Senza tener conto che da ultimo anche i dicasteri della Difesa e dello Sviluppo economico hanno espresso più di una perplessità sulla valutazione del performance. E poi, con nuove regole in arrivo, è il ragionamento, ormai tanto vale aspettare. Intanto, per evitare che si possa parlare di un arretramento rispetto alla cultura della valutazione, e peggio ancora di una resa al vecchio sindacato, a Palazzo Vidoni ci vanno con i piedi di piombo sul nuovo sistema, rigorosamente top secret. Il ddl delega, atteso per il consiglio dei ministri di venerdì, potrebbe a questo punto anche slittare di qualche giorno.
ItaliaOggi – 9 maggio 2012