La Lega cala, il Pdl crolla, il Pd in netta ripresa. Il marchio “personale” del sindaco scaligero nell’urna vale il 40%. Ma i veri vincitori sono anche Grillo e l’astensionismo
Segnatevi questo paio di dati: l’affluenza media alle urne si è abbassata 66,1 per cento (cioè, per converso, un terzo esatto dell’elettorato veneto è rimasto a casa); le truppe a 5 Stelle di Beppe Grillo, oltre ad avere conquistato a Sarego, profondo vicentino, il primo sindaco della loro storia, viaggiano più o meno ovunque in doppia cifra percentuale e risultano la lista più votata in diversi comuni veneti. Risultato: sommando le due tendenze, si ricava che la marea montante dell’antipolitica ha dilagato anche in Veneto, assumendo le proporzioni di una forza schiacciante. Per la cronaca, un candidato grillino sarà protagonista fra 15 giorni anche del ballottaggio in quel di Mira, grosso comune del Veneziano. Davanti all’onda che spazza inclemente uno scenario cristallizzato da quasi vent’anni, qualcuno che ha dimostrato di saper nuotare, e anche bene, comunque si è fatto vedere. Primo fra tutti quel Flavio Tosi, riconfermatissimo sindaco di Verona – la più importante tra le città venete al voto -, che ha perfezionato con un risultato personale inequivocabile la sua inarrestabile ascesa di perfetto cannibale politico. Sia chiaro, Tosi era e rimane leghista – leghista ribelle, per la precisione -, anzi, con tutta probabilità è destinato a diventare il massimo dirigente regionale della «nuova» Lega che si identifica nella leadership di Bobo Maroni.
Ma, detto questo, con la sua lista civica «Per Verona- Tosi sindaco», si è letteralmente mangiato amici e alleati, oltre che gli avversari: il suo marchio personale vale nell’urna il 40 per cento, un’enormità rispetto ai quattro voti racimolati dal resto della compagnia. Per dire: la lista ufficiale della Lega Nord, che è pur sempre il suo partito, non arriva al 10%. Il Pd è arrivato un po’ più su intorno al 12. Addirittura il Pdl, il partito dell’ex premier Berlusconi, è ridotto alla consistenza di una listina di paese (meno del 6%). Non sfugga il fatto che diversi pezzi grossi del Pdl veronese, dopo avere condiviso con Tosi il governo della città nei 5 anni appena trascorsi, hanno mollato senza rimpianti la casa madre e si sono ricandidati proprio con la civica «personale» del sindaco. Al Pdl ufficiale è rimasto il simbolo e poco altro. Già, il Pdl. Quello che è stato, fino alle elezioni regionali del 2010 (quando subì il sorpasso della Lega sotto la spinta dell’effetto Zaia candidato governatore), il partito più votato nel Veneto nella Seconda Repubblica, esce da questa tornata amministrativa con segnali funesti. Non solo a Verona. Nell’altro capoluogo di provincia chiamato a rinnovare l’amministrazione, la dolomitica Belluno, il sindaco uscente Antonio Prade – pidiellino sostenuto anche da due liste civiche e benedetto dall’uomo forte del partito in provincia, l’onorevole avvocato Maurizio Paniz – rischia di essere mandato a casa senza tanti complimenti dopo un solo mandato. Se Prade mancherà la qualificazione per il ballottaggio, lo «spareggio» avrà una connotazione del tutto inedita, persino eccentrica in un Veneto dominato elettoralmente dal centrodestra: fra quindici giorni ci potrebbe essere una sfida tutta a sinistra, tra Claudia Bettiol (Pd-Idv) e Jacopo Massaro (sostenuto da tre liste civiche, ma fino all’altro giorno era il capogruppo del Pd in consiglio comunale). Nel tracollo generale delle sigle tradizionali, il centrosinistra in effetti se la passa un po’ meglio degli altri. Dei dodici grandi comuni al voto (quelli sopra i 15mila abitanti), governava soltanto a Mira, nel Veneziano.
Ora corre per riconquistare Belluno, si è ripreso Feltre (terra leghista fino a ieri) e Mirano al primo colpo, va al ballottaggio in prima posizione a Mira (contro i grillini!) e di rincalzo a Vigonza. Il centrodestra, per contro, trova qualche consolazione a Conegliano (Floriano Zambon del Pdl, già sindaco molto amato per un decennio, è tornato in corsa e ha rischiato di vincere al primo turno), e qualche motivo per sorridere a dentri stretti nella competizione fratricida di Jesolo, dove il ballottaggio fra 15 giorni sarà tra due candidati di estrazione Pdl, l’un contro l’altro armati. Un capitolo a parte è quello che riguarda la Lega, primo partito del Veneto, alle prese con gli scandali dell’affaire rimborsi elettorali&diamanti. Al netto del fenomeno Tosi a Verona, nei comuni maggiori il Carroccio perde senguinosamente Feltre (aveva il sindaco uscente, senatore Vaccari, stavolta il suo candidato Signoretti finisce addirittura quarto con appena l’8,4 per cento), dà l’addio a Jesolo, arretra e sbanda paurosamente a Thiene, dove la sindaca uscente Maria Rita Busetti – che è anche segretario provinciale della Lega vicentina – aveva tutti contro e si presenterà fra due settimane al ballottaggio con quasi 17 punti di svantaggio dal vincitore del primo turno, Giambattista Casarotto, sostenuto da una coalizione arcobaleno che comprende Udc, Pd e Pdl. Buon per il Carroccio che non ha tradito la roccaforte di Cittadella, già feudo del sindaco e deputato Massimo Bitonci, il quale, avendo completato i due mandati, ha passato il testimone al suo delfino Giuseppe Pan: 58% al primo colpo e tutti a casa. Se i grillini hanno ottenuto il primo sindaco della storia, nel loro piccolo anche gli indipendentisti veneti hanno tagliato un traguardo. Veneto Stato, sigla che dichiara il suo programma politico fin dal nome, ha eletto il suo primo consigliere comunale, Davide Pozzobon, e ha raccolto il 10% dei consensi a Susegana, nel Trevigiano. Da qualche parte bisogna pur cominciare.
Alessandro Zuin – Corriere del Veneto – 8 maggio 2012