Quando il governo ha deciso la riforma del mercato del lavoro si è immediatamente posta la questione: vale solo nel privato o anche nel pubblico impiego?
La disciplina dei licenziamenti, l’ attuale articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, per esempio, vale oggi per tutti i dipendenti, sia pubblici sia privati. E dunque, a rigore anche l’ articolo 18 riformato si sarebbe dovuto applicare a tutti.
Ma il governo ha deciso diversamente, affidando al ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi, il compito di presentare, dopo il confronto con i sindacati, una delega per l’ adattamento della riforma al pubblico impiego. L’ accordo raggiunto tra il ministro e le organizzazioni sindacali va però al di là di una mera «armonizzazione» al disegno di legge Fornero (come prevede l’ articolo 2 dello stesso) e configura invece un intervento più ampio, teso da un lato a evitare la maggiore facilità di licenziamento disposta per i lavoratori del settore privato e dall’ altro a smontare alcuni pezzi della riforma Brunetta. Il meccanismo dei premi retributivi, per esempio, non prevederà più le tre fasce in base alla valutazione della prestazione individuale che, secondo l’ ex ministro, avrebbe dovuto portare a concentrare le risorse sul 75% dei dipendenti più meritevoli, lasciando il restante 25% senza niente. Si trattava di una rivoluzione nel settore pubblico, abituato ai premi a pioggia, che aveva scatenato il malcontento dei lavoratori e dei sindacati. L’ accordo prevede il «superamento» di questo sistema. E nell’ assegnazione dei premi tornerà prevalente la valutazione della «performance organizzativa», cioè della struttura, rispetto a quella individuale. È facile immaginare che il sindacato, che Brunetta aveva voluto escludere dalla cogestione dei meccanismi premiali, tornerà ad avere voce in capitolo. Così come il «coinvolgimento delle organizzazioni sindacali in tutte le fasi dei processi di mobilità» è un altro dei punti dell’ accordo. Non è un caso che Cgil, Cisl e Uil siano soddisfatte dell’ intesa con Patroni Griffi. Alla fine, insomma, la riforma del mercato del lavoro non sarà uguale per tutti. E, come se non bastasse, questo accordo non va nella direzione di una pubblica amministrazione che premi i più bravi e punisca i fannulloni
Enrico Marro – Il Corriere della Sera – 6 maggio 2012