Bracconieri scatenati in occasione della tradizionale migrazione dei rapaci dall’Africa all’Europa. Dietro la mattanza anche la superstizione: abbattere gli uccelli metterebbe al riparo dalle infedeltà coniugali
Strage di falchi in provincia di Reggio Calabria. Sono almeno cento gli esemplari di falco pecchiaiolo, una specie protetta dagli inizi degli anni Settanta, abbattuti ieri in riva allo Stretto secondo quanto denuncia la Lipu, la lega italiana protezione uccelli, impegnata con i propri volontari in un campo antibracconaggio in supporto all’azione di controllo straordinario del territorio realizzata dal Noa (il Nucleo operativo antibracconaggio) del Corpo Forestale dello Stato.
“Approfittando del massiccio passaggio migratorio di almeno cinquemila falchi, registrato in un solo giorno, i fucili dei bracconieri hanno aperto il fuoco come se fosse una normale giornata di caccia: settanta gli spari uditi dai volontari solo in una piccola zona compresa tra gli abitati di Embrisi e Santa Venera”, lamenta l’organizzazione in una nota. “Dopo aver individuato quattro persone intente a sparare, la Lipu ha accompagnato sul posto una pattuglia del Noa, che ha poi individuato e denunciato due bracconieri recuperando anche alcuni falchi pecchiaioli appena uccisi”, spiega ancora il comunicato.
Sempre nel pomeriggio di ieri, in zona Campicello, gli uomini del Noa hanno sorpreso tre bracconieri con due fucili di piccolo calibro e due falchi pecchiaioli appena abbattuti. “Il bilancio finale della giornata è pesantissimo”, conclude la Lipu stimando che almeno cento falchi pecchiaioli siano stati abbattuti, “ma la stima è in difetto, considerato che il territorio è enorme e i controlli ordinari purtroppo inesistenti”.
Alle radici della mattanza, anche un’antica superstizione locale. Uccidere un falco metterebbe infatti al riparo dal rischio di avere una moglie infedele. “Per oltre dieci anni ho combatto questa battaglia e le posso assicurare che il vecchio credo popolare secondo cui abbattere un adorno, come vengono chiamati i falchi in dialetto calabrese, mette al riparo dalle infedeltà coniugali è molto più che una nota di folclore, ha un aspetto essenziale”, racconta Alessandro Bettosi, ex comandante del Nucleo operativo antibracconaggio della Forestale. “Inevitabilmente – aggiunge – certe tradizioni si vanno affievolendo, ma qualche anno fa abbiamo arrestato un insegnante di liceo che era tornato apposta dal Piemonte per adempiere al rito”.
A fronte della gravità del fenomeno, che in passato è costato all’Italia più di un richiamo da parte dell’Unione Europea, la Lipu chiede che l’azione del Corpo Forestale venga “rafforzata, essendo il bracconaggio ai falchi un fenomeno ancora persistente in vaste zone del territorio reggino”. Il rischio di altre stragi andrà avanti fino ai primi di giugno quando si sarà concluso il cosiddetto “passo”, ovvero la migrazione di falchi pecchiaioli, poiane, nibbi e albanelle dall’Africa centrale verso i rilievi dell’Europa nordoccidentale e dei Balcani, in cerca di un posto per fare il nido.
repubblica.it – 6 maggio 2012