L’ultimo studio, realizzato dall’Università di Boulder, nel Colorado, riguarda la produzione di ammoniaca e altri composti di azoto e il loro rapporto con l’aumento dello smog
Che gli allevamenti di animali siano una fonte di inquinamento da tenere seriamente in considerazione per la salute dell’uomo e quella dell’intero pianeta è cosa ormai nota agli scienziati. L’attenzione si è focalizzata finora soprattutto sul metano, che è un gas capace di aumentare drasticamente l’effetto serra contribuendo a surriscaldare la Terra e che è prodotto in gran quantità dalla digestione degli animali, soprattutto i ruminanti (e infatti, ci sono parecchie ricerche per trasformare questo metano almeno in una fonte di energia, anziché lasciarlo disperdere nell’atmosfera).
Man mano che le ricerche procedono, però, si scoprono sempre nuove relazioni pericolose. O meglio: gli scienziati scoprono le reali dimensioni di fenomeni che il grande pubblico ignora, ma che ai chimici sono ben noti. L’ultimo studio, realizzato dall’Università di Boulder, nel Colorado, riguarda la produzione di ammoniaca e altri composti di azoto e il loro rapporto con l’aumento dello smog: gli escrementi delle mucche, e non solo, potrebbero essere responsabili del peggioramento della qualità dell’aria attraverso queste sostanze tanto quanto le automobili, se non addirittura di più, come scrive il sito di Science, riprendendo i dati pubblicati da Geophisical Research Letters.
Le misurazioni sono state effettuate nel sud della California, nella zona di Los Angeles, dove circolano quasi 10 milioni di veicoli e pascolano quasi 300 mila animali d’allevamento. Ebbene, mentre le auto sarebbero responsabili della produzione di 62 tonnellate al giorno di ammoniaca, gli escrementi del bestiame (o meglio, i batteri che immediatamente aggrediscono gli escrementi trasformandoli) potrebbero emetterne tra 33 (la metà) e 176 tonnellate (quasi il triplo).
Dall’ammoniaca, in formula NH3, si formano poi particelle assai piccole e volatili, come il nitrato di ammonio (NH4NO3), che fa parte della famiglia dei nitrati, tra i peggiori componenti dello smog, appunto. Ovviamente queste scoperte non assolvono le automobili e non diminuiscono l’importanza di ridurre le loro emissioni inquinanti, ma suggeriscono agli scienziati che per migliorare la qualità dell’aria si possa agire anche su altri fronti. Per esempio, cambiando la dieta degli animali negli allevamenti, perché le loro deiezioni risultino un po’ più “pulite”.
paolo.magliocco@videoscienza.it – da Il Sole 24 Ore – 2 maggio 2012