La notizia dell’incidente portò la psicosi tra il milione e mezzo di abitanti che dividono le loro strade con 10.000 cani randagi e un numero assai più consistente di gatti senza padrone
Boteo Tachov, ottantottenne economista bulgaro, è morto nei giorni scorsi all’ospedale militare di Sofia dopo aver lottato tra la vita e la morte per una settimana, da quando la sua quotidiana passeggiata pomeridiana nel quartiere di Malinova Dolina, nella capitale Sofia, si è trasformata in tragedia, il 31 marzo, per l’attacco di un branco di cani randagi che gli amputarono un piede, infierendo anche su gambe, viso, orecchie e occhi. Appena i media divulgarono la notizia dell’incidente in città scoppiò subito la psicosi tra il milione e mezzo di abitanti che dividono le loro strade con 10.000 cani randagi e un numero assai più consistente di gatti senza padrone.
I DUE SCHIERAMENTI – Anche ora, dopo la morte dell’uomo, la popolazione è divisa in due: chi vuole liberarsi in tutti i modi, anche con la violenza, dei cani di strada e chi li vuole proteggere considerando che il problema randagismo esiste a causa del gran numero di proprietari che abbandonarono i loro cani non sterilizzati in campagna quando, dopo la caduta del socialismo, si trasferirono in massa nelle città. Le istituzioni della capitale assunsero, fin dal giorno dell’attacco all’anziano, una posizione piuttosto moderata. Per evitare che la furia della maggioranza dei cittadini li spingesse a insensate e illegali vendette contro cani innocenti come possibili avvelenamenti di massa, il sindaco di Sofia, la signora Yordanka Fandakova, diede ordine di catturare e uccidere, dopo un periodo di stallo presso il canile municipale della città, tutti i randagi del quartiere Malinova Dolina. D’altro canto, in rispetto della legge che vieta il massacro dei cani senza padrone e per placare le polemiche degli animalisti, la Fandakova assicurò che il Comune avrebbe impresso una maggiore spinta alle sterilizzazioni e creato nuovi rifugi.
La decisione, pur placando parzialmente l’ira dei cittadini, in realtà, scontentò un po’ tutti: sia i detrattori sia i difensori degli animali di strada. Uccidere tutti i cani di un quartiere non risolve certo il problema del randagismo, endemico nel Paese da almeno vent’anni. Per di più, con tutta probabilità, il branco inselvatichito che si rese responsabile dell’attacco del 31 marzo e della morte di Tachov si era già allontanato dalla zona mentre i quattordici cani catturati e condannati a morte sono animali di strada socializzati, abituati al contatto con l’uomo, tanto da essersi lasciati accalappiare con facilità.
LEGGI DALLA PARTE DEI CANI – A parte quest’ultimo incidente, di passi avanti sul problema del randagismo la Bulgaria ne ha fatti molti nel corso degli ultimi anni. Il punto di svolta porta una data precisa: 24 gennaio 2008, giorno in cui l’autorizzazione alla cattura e alla messa a morte dei randagi in tutto il Paese fu sostituita da una nuova legge, davvero all’avanguardia che, sulla scorta delle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ordinò di contrastare il fenomeno utilizzando il metodo chiamato in termini tecnici Tnr o Cccr: Trap, Neuter and Release o Catch, Castrate and Release (in italiano “accalappia, sterilizza e reimmetti sul territorio”).
L’AIUTO DELLE ONG – La legge, tutt’ora in vigore, prevede anche l’assoluta proibizione dei combattimenti tra cani nonché l’utilizzo di mammiferi nei circhi. L’adozione del Tnr in sostituzione alle uccisioni di massa era, in realtà, già stato “testato” in alcune città, tra le quali Sofia, a partire dal 2006, grazie alla collaborazione di ong internazionali come la tedesca Vier Pfoten (Quattro Zampe). L’associazione animalista mise a disposizione le sue cliniche mobili e i suoi team veterinari per sterilizzare i cani di strada e il numero dei randagi scese in tre anni da 38.000 agli attuali 10.000. Nell’aprile dl 2011 un altro successo legale, almeno sulla carta: il Paese balcanico introdusse nel codice penale un articolo che prevede una multa e due anni di prigione per chi ferisce un animale e una multa e tre anni di carcere per chi lo uccide.
TRA CRUDELTA’ E SPERANZA – Eppure, in Bulgaria gli atti di violenza contro i randagi continuano a essere brutali: sia quelli messi in atto da privati cittadini poco sensibili esasperati dalla presenza costante di scheletri a quattrozampe che mendicano cibo sia quelli di alcune municipalità che, purtroppo, non rispettano la legge nazionale e continuano, più o meno in segreto, con la politica delle uccisioni di massa. Dice Stella, volontaria responsabile delle pubbliche relazioni di Animal Rescue Sofia, sodalizio che gestisce il paradisiaco rifugio municipale per randagi di Bogrov, paese qualche chilometro a Est di Sofia: «Sarà difficile scendere sotto i 10.000 cani di strada nella capitale, soprattutto a causa di una mentalità ignorante nella gestione dei cani di proprietà (circa 200.000) che non sono sterilizzati e, quando non sono tenuti alla catena nel cortile di casa in condizioni indegne, come antifurti senza anima, sono lasciati vagare liberi. Così, le cucciolate continuano a nascere e vengono abbandonate nei sobborghi della capitale».