Giro di vite della Cassazione nei confronti dei camici bianchi. Non basta “consigliare” la struttura al paziente, il medico deve prodigarsi «anche se non può erogare la prestazione richiesta», facendo «tutto quello che è nelle sue capacità per la salvaguardia dell’integrità del paziente».
In questo modo, la Quarta sezione penale ha convalidato la responsabilità per colpa generica e per colpa specifica, nei confronti di un gruppo di medici in relazione alla morte di un 19enne , avvenuta a Lagonegro il 15 luglio 2004 in seguito ad un grave shock settico e stasi ematica acuta. Processati per omicidio colposo, tre medici T.F., M. S. e N. P. sono stati condannati ad 1 anno e 8 mesi (pena interamente condonata), mentre V. G. medico dentista e F. C., medico in servizio presso la clinica odontostomatologica “San Luca” di Praia a Mare, sono stati condannati a risarcire i danni.
Nel dettaglio, la Cassazione, quanto alla responsabilità di V. G., ha ritenuto «gravemente negligente la sua condotta di fornire un “mero” consiglio all’accompagnamento in ospedale» del giovane affetto da ascesso «senza assicurarsi che i medici di destinazione fossero informati in modo preciso della gravità della situazione e a supporto fosse trasmessa un’adeguata documentazione medica». Più in generale, la Suprema Corte ricorda che «una volta che un paziente si presenta presso una struttura medica chiedendo l’erogazione di una prestazione professionale, il medico, in virtù del “contratto sociale”, assume una posizione di garanzia della tutela della sua salute e anche se non può erogare la prestazione richiesta deve fare tutto quello che è nelle sue capacità per la salvaguardia dell’integrità del paziente».
Quanto alla colpa medica del dentista F. C., essa è derivata dal fatto che «pur avendo una qualificazione professionale che gli avrebbe consentito di effettuare una precisa diagnosi della patologia» del paziente «così da redigere una certificazione medica idonea ad agevolare l’opera dei successivi sanitari interventi, anche segnalando l’urgenza, si limitò ad invitare il paziente e i genitori a recarsi all’ospedale di Praia a Mare senza assicurarsi che i medici di destinazione fossero informati in modo preciso della gravità della situazione e a supporto fosse trasmessa un’adeguata documentazione medica».
(Adnkronos) – 16 aprile 2012