Casse di previdenza al contrattacco sull’evasione contributiva dei liberi professionisti. Alcuni segnali precisi lasciano, infatti, intendere che il fenomeno del mancato o parziale versamento dei contributi previdenziali abbia raggiunto conseguenze allarmanti.
Qualche dato: Cassa forense ha calcolato che oltre un terzo dei suoi iscritti (56 mila avvocati) non sia in regola con il versamento dei contributi. Epap, l’ente di previdenza dei dottori agronomi, forestali, chimici, attuari e geologi, ha fatto partire a fine 2011 una decisa attività di recupero dei contributi non versati che si avvale anche della collaborazione con Equitalia. La Cassa di previdenza dei dottori commercialisti ha fatto di più: grazie a un accordo con l’Agenzia delle entrate ha addestrato otto funzionari che saranno autorizzati a entrare nell’anagrafe tributaria, la superbanca dati del fisco in grado di radiografare in pochi minuti qualsiasi contribuente grazie alla disponibilità di un numero enorme di informazioni.
Obiettivo, naturalmente, sconfiggere l’evasione contributiva degli iscritti alla Cassa. L’ente di previdenza dei biologi ha invece deciso di avvalersi, ai fini ispettivi, del personale di vigilanza dell’Inps, dell’Inail e dell’Enpals. Altri enti avevano già da tempo avviato un’intensa attività di recupero dell’evasione contributiva. Enasarco ha predisposto una efficace struttura di vigilanza con una cinquantina di ispettori e funzionari: nel 2010 ha recuperato 47 milioni di euro, una cifra sette volte superiore a quanto era riuscita a incassare tre lustri prima. Empam, la Cassa di previdenza dei medici e degli odontoiatri, nel 2011 ha accertato 35 milioni e ha scovato 460 società e 11 mila professionisti in posizione irregolare. Ma non c’è dubbio che il fenomeno della fuga dai versamenti previdenziali sia esploso negli ultimi anni, complice la crisi economica e una difficoltà sempre maggiore dei liberi professionisti a incassare i propri compensi da parte di clienti che spesso sono a loro volta in crisi di liquidità.
D’altra parte le Casse di previdenza sono da qualche tempo sotto l’occhio sempre più attento del ministero del lavoro, che nel 2006 ha imposto l’obbligo della sostenibilità trentennale dei bilanci previsionali e l’anno scorso, con la prima manovra Monti, è arrivato a pretendere un bilancio di previsione a cinquant’anni che mantenga in pareggio entrate e uscite senza intaccare il patrimonio accumulato negli anni. Pretesa che sarà impossibile da rispettare per non poche casse e che sta comunque costringendo molti consigli di amministrazione ad attivarsi per recuperare tutte le risorse disponibili, oltre che naturalmente a valutare tagli alle prestazioni e aumenti dei contributi.
ItaliaOggi – 9 aprile 2012