Via libera in commissione, ma solo con i voti di Lega e Pdl. Salvi tutti i reparti, primari valutati anche dai loro pazienti. Ora la parola spetta al consiglio regionale
Alle 19.31 il presidente Leonardo Padrin stappa una bottiglia di spumante: «Dopo 17 anni, il Veneto ha un nuovo piano sociosanitario. Facciamo un brindisi!». A bagnare la fumata bianca la V commissione regionale, che dopo una maratona di nove ore filate ha finalmente licenziato il provvedimento alla seconda seduta e con i voti di Pdl e Lega. Contrari Sinistra Veneta (Pietrangelo Pettenò) e Verso Nord (Diego Bottacin), perchè «non c’è stato il coraggio di operare una riorganizzazione profonda, le logiche della politica e dei campanili hanno bloccato le scelte più importanti, cioè la riduzione delle Usl, l’introduzione di ospedali con 400 letti, la nomina dei direttori generali in base al merito». Astenuti Udc (Raffaele Grazia: «Piano monco, mancano risorse e schede ospedaliere»), Pd (Claudio Sinigaglia: «Finalmente c’è una programmazione, purtroppo però solo sanitaria e poco sociale, che cercheremo di potenziare in consiglio») e Idv (Gennaro Marotta: «E’ un libro dei sogni, che ha limitate ricadute pratiche e tanti intenti»). Ma il capogruppo del Carroccio, Federico Caner, non ha dubbi: «E’ un risultato frutto dell’impegno di tutti i consiglieri, anche di quelli di opposizione. Un lavoro impostato dalla giunta e portato a termine dalla commissione, che ci riempie di orgoglio». Ma il via libera definitivo alle linee programmatiche della sanità valide fino al 2016 spetta al consiglio, probabilmente nella seduta successiva a quella dei prossimi 18 e 19 aprile. Si parte con il diktat di Usl con bacino compreso tra 200 mila e 300 mila abitanti, il che ne eliminerà 6 su 21 (prima ipotesi: restano Belluno e Feltre; nel Veronese si scende a due così come nel Vicentino e nel Trevigiano, mentre tre restano nelle province di Padova e Venezia e una in Polesine). Ognuna sarà guidata da un dg nominato dal governatore per tre anni rinnovabili ma non nella stessa azienda e dovrà scegliere i direttori sanitario, amministrativo e, d’intesa con la Conferenza dei sindaci, del sociale, l’unico a poter restare in carica due mandati (fino a 6 anni). Spetterà sempre al dg designare i primari, senza commissione e senza graduatoria, ma motivandone pubblicamente meriti e professionalità. Dal canto loro i direttori di reparto saranno valutati in base a prestazioni, valorizzazione dei collaboratori, soddisfazione dei pazienti e rispetto degli obiettivi di bilancio. Questi ultimi saranno il verbo anche per i direttori generali: se non li onorano, rischiano il posto. Le Usl verranno poi finanziate in base alle quote capitarie (abitanti, età e prevalenza delle principali patologie croniche), fatta eccezione per Belluno, Venezia e Polesine (ieri difeso dall’assessore all’Economia, Isi Coppola), che riceveranno i fondi in base alle rispettive specificità. Gli ospedali di divideranno in «hub», quelli capoluogo e a vocazione provinciale con bacino di un milione di abitanti e guidati dalle Aziende ospedaliere di Padova e Verona, e «spoke», presidi di rete con 200 mila abitanti, Pronto soccorso e specialità di base. Novità di ieri, quelli tra i poli di secondo livello già forti di Otorinolaringoiatria, Oculistica, Pneumologia e punto nascita potranno mantenerli. Notizia fondamentale per il Santi Giovanni e Paolo di Venezia, che così non perderà nessuna specialità. Ogni mille abitanti sono previsti 3 letti per acuti, 0,5 per la riabilitazione e 1,2 in strutture intermedie. L’intento è di spostare il baricentro delle cure dall’ospedale al territorio, riservando al primo il 44% delle risorse, al secondo (basato sui distretti coordinati da un case manager, potenziato dagli studi associati dei medici di base operativi h12 e dall’assistenza domiciliare h24) il 51% e alla prevenzione il 5%. Ieri si è inoltre deciso che i servizi informatici e l’acquisto di attrezzature ad alta tecnologia dovranno avere carattere regionale e che tutte le strutture, pubbliche e convenzionate, sono tenute alla trasparenza dei bilanci, pena la decurtazione del 20% o totale dei fondi. «Siamo contenti — ammette Dario Bond, capogruppo del Pdl — questo piano tutela le aree marginali e riorganizza il sistema». La giunta e gli assessori alla Sanità e al Sociale dovranno relazionare il consiglio, rispettivamente ogni 12 e 6 mesi, sull’attuazione del piano, sull’andamento della spesa e sulla salute della popolazione.
Corriere del Veneto – 6 aprile 2012