Tempi serrati nell’approvazione dei decreti attuativi, minacce di commissariamenti per le università troppo lente nell’adeguarsi, tutto un rullar di tamburi per cambiare in fretta dalle fondamenta l’organizzazione degli atenei.
La fase “operativa” della riforma Gelmini è stata giocata all’insegna del ritmo, ma tanta corsa si è fermata sulle soglie degli uffici più autorevoli e compassati di ogni ateneo: quelli dei rettori.
In pratica, la legge 240/2010, varata ormai un anno e mezzo fa, prevede che i rettori degli atenei pubblici possano rimanere in carica per un mandato unico di sei anni, non rinnovabile. È una rivoluzione rispetto ai rinnovamenti “a piacere” previsti fino a ieri, che avevano permesso a qualche università di mantenere la stessa persona alla guida per più di un quarto di secolo, e ha bisogno di una transizione morbida. Per percorrerla, la riforma ha fissato la decadenza dei rettori da troppo tempo in carica nell’anno successivo, appunto, all’adozione dei nuovi Statuti.
Ma qual è l’«adozione» che fa scattare la tagliola? Nelle università si è scatenato un elevatissimo dibattito esegetico intorno al concetto di «adozione», che ora sta trovando nelle indicazioni ministeriali la risposta preferita dai rettori che gradiscono allungare la loro permanenza in sella. Per ottenere una “proroga della proroga”, più di un ateneo ha pensato che a far partire i termini non sia il momento dell’approvazione dello Statuto da parte dell’ateneo ma quello, ovviamente successivo, del via libera del Governo o della pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale». Con calma, insomma, visto che dei 67 poli statali, a cui si applicano direttamente le nuove regole, solo 33 sono riusciti in questi 15 mesi a far tagliare il traguardo definitivo ai loro nuovi statuti.
A Parma e in altre università l’ipotesi che può permettere di prolungare il mandato dei rettori fino al termine del 2012/2013, anziché del 2011/2012, ha avuto l’avallo ministeriale, e per conoscere lo stato dell’arte complessivo si può guardare la tabella qui a fianco elaborata sui dati della Conferenza dei rettori. Il sito internet della Crui (www.crui.it) indica infatti le scadenze dei mandati di tutti i rettori italiani (tranne, curiosamente, quella del presidente Marco Mancini, rettore a Viterbo): per esempio per Giovanni Cannata, giunto al suo 17esimo anno alle redini dell’università di Campobasso, la dead line indicata è già il 2013. E per 17 rettori risulta il “fine mandato” già nel 2011.
Per avere lumi sulla complessa vicenda, comunque, ci si può affidare a Francesco Tomasello, rettore di Messina dal 2004, che a novembre si è visto bocciare dal Tar la propria proroga e ha deciso di resistere ricorrendo in appello: «È la pubblicazione in Gazzetta del testo finale dello Statuto – ha chiarito Tomasello senza ricorrere al condizionale – a valere come definitiva adozione a tutti gli effetti della riforma, secondo l’interpretazione fornita dal ministero, univocamente e senza incertezze applicata in tutti gli atenei italiani».
La stessa ratio, secondo il rettore, ha ispirato un comma del decreto Semplificazioni (pubblicato in «Gazzetta Ufficiale» il 9 febbraio, che estende agli «organi monocratici elettivi» il termine di decadenza già previsto per gli organi collegiali al momento della costituzione dei loro successori. Una lettura, questa, che ha trovato eco in molti atenei, ma non trova conferma a livello ministeriale, dove si spiega che gli «organi monocratici elettivi» indicati dalla norma sono quelli a capo delle varie articolazioni universitarie, ma non i rettori, a cui continuano ad applicarsi le vecchie regole.
Regole che, comunque, consentono a molti di rimanere saldi al proprio posto anche se il calendario prevedeva la loro uscita dai rettorati nel 2011. Nell’anno in cui chiudeva il suo quarto mandato all’Università di Viterbo, per esempio, Marco Mancini è stato nominato presidente della Conferenza dei rettori, dove il suo incarico scadrebbe nel 2013. Sulla giostra delle proroghe, del resto, era salito anche il suo predecessore, Enrico Decleva: secondo il calendario ordinario avrebbe dovuto abbandonare nel 2009 la casella più alta nell’organigramma della Statale di Milano, a novembre è intervenuto anche il pensionamento per limiti di età, ma prima l’esigenza di guidare la Crui, poi l’intreccio fra vecchie e nuove regole portato dalla riforma e infine la possibilità (che però oggi è abrogata) di esercitare la carica anche in fuori ruolo lo hanno tenuto finora saldamente al comando in via Festa del Perdono.
Le variazioni
01|LA REGOLA
Negli Statuti riscritti in base alla legge Gelmini (legge 240/2010), le università devono prevedere per il rettore un mandato unico, non rinnovabile, della durata di sei anni.
02|LA TRANSIZIONE
Per i rettori in carica, la norma transitoria prevede la decadenza al termine dell’anno accademico successivo a quello dell’«adozione» del nuovo Statuto
03|IL DIBATTITO
Alcuni atenei hanno individuato il momento dell’«adozione» in quello dell’approvazione ministeriale definitiva e successiva pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale», anziché nel momento (precedente) dell’approvazione da parte dell’università
04|LA RISPOSTA
Il ministero ha avallato questa interpretazione: oggi gli Statuti pubblicati sono la metà del totale, per cui è probabile per molti lo slittamento al 2013
ilsole24ore.com – 2 aprile 2012