Protesta davanti all’ingresso di Borgo Trento contro i ritardi nei pagamenti ai fornitori. «Con i nostri soldi finanziamo le inefficienze delle Usl». Stefano Rimondi, presidente di Assobiomedica: «Oltre un anno per riscuotere il dovuto è troppo per le nostre imprese»
Il cartello che denunciava il mancato pagamento delle forniture biomediche e diagnostiche Verona. Un ospedale senza garze, cerotti, bisturi, aghi e pinze. E ancora, privo di peace maker da poter inserire, apparecchiature diagnostiche, con laboratori sprovvisti di reagenti e di macchinari per effettuare le analisi, di lastre dove stampare le radiografie, le stesse macchine che scattano i raggi X. Insomma un contenitore inutile, pieno di pazienti e personale medico e infermieristico ma vuoto di qualsiasi possibilità di cura o intervento. Per il momento questa è solo un’ipotesi, si spera alquanto remota, impugnata da Assobiomedica, la federazione che riunisce le imprese che si occupano di rifornire la sanità di dispositivi, prodotti e servizi, che vuole così sensibilizzare istituzioni, politica e gli stessi cittadini sull’importanza del ruolo di queste aziende nel panorama della sanità pubblica. Una realtà fatta di 250 imprese che devono fare i conti con tempi di pagamento biblici da parte delle aziende sanitarie locali. Tempi che vanno ben oltre i 30 giorni previsti dalla legge e i 90 normalemente «tollerati» dalle aziende fornitrici di prodotti e servizi. E che si assestano in città, mediamente, in 452 giorni con punte che superano di gran lunga e per numerose imprese i 500. Tanto impiega l’azienda ospedaliero–universitaria di Verona, denuncia Assobiomedica, a saldare i pagamenti per i servizi, i dispositivi e i macchinari impiegati a far funzionare i due ospedali cittadini. Oltre un anno, in più di un caso oltre due, per riscuotere quanto dovuto è troppo per imprese ormai «vicine al punto di non ritorno», interviene il presidente nazionale di Assobiomedica Stefano Rimondi che ieri mattina insieme a qualche decina di rappresentanti di aziende creditrici ha tenuto un sit-in di protesta in piazzale Stefani, davanti all’entrata dell’ospedale Maggiore. Un’iniziativa che verrà bissata oggi a Napoli, l’altra città insieme a quella scaligera, scelta per accendere i riflettori mediatici sulla questione. «La situazione, infatti, è drammatica da Nord a Sud del Paese, con punte positive, come quella della Lombardia che paga a 100 giorni, e punte invece negative come appunto a Verona o in Campania. Si tratta di incapacità gestionale o della perversa volontà di scaricare i costi sui fornitori», analizza Rimondi. «Negli ultimi mesi abbiamo assistito a una grave restrizione del credito bancario divenuto ormai quasi inaccessibile ai più. E chi ne beneficia deve pagare tassi altissimi. Siamo di fronte ad un rischio reale e concreto di pesanti infiltrazioni della criminalità organizzata all’interno di queste aziende: gli usurai sono pronti ad intervenire, purtroppo», aggiunge Rimondi. Da qui l’esigenza di interventi decisi e vigorosi da parte delle istituzioni. «Siamo pronti ad iniziative ben più gravi. Non abbiamo mai minacciato uno stop alla fornitura da parte delle nostre aziende proprio per tutelare le persone ma ora, se la situazione non cambia, più che una forma estrema di protesta potrebbe diventare la tragica realtà». Striscioni alla mano, gli imprenditori di Assobiomedica hanno protestato con slogan quali «Basta finanziare le inefficienze con i nostri soldi» e «Ritardi dei pagamenti: così si distrugge la sanità pubblica». «È una situazione estremamente delicata sia perchè a farne le spese, in ultima analisi, sono i cittadini sia perché ha molte ricadute anche sui lavoratori delle aziende e sui rappresentanti di questi prodotti e servizi: siamo a rischio licenziamento», denuncia Maurizio Carrara, rappresentante di Usarci, il sindacato degli Agenti e dei Rappresentanti di commercio.
L’Arena – 29 marzo 2012