Non c’è unanimità ma prevalgono i consensi tra i sindacati della dirigenza sulle anticipazioni filtrate ieri a proposito dei piani del Ministero per la riforma dell’intramoenia.
I pochi frammenti raccolti da agenzie e giornali non consentono per ora una visione d’insieme del piano, ma da quel poco che è trapelato le principali sigle di categoria tentano già una prima valutazione. Dall’Anaao-Assomed, per esempio, arriva un’apertura. «Da tempo diciamo che per trovare un assetto stabile all’intramoenia va data alle Regioni la libertà di organizzarsi in base alla propria specifica realtà» dice il segretario nazionale del sindacato, Costantino Troise «inutile nascondersi dietro a un dito, non tutte le strutture dispongono di spazi separati e distinti sufficienti a soddisfare le richieste dei medici che vogliono fare intramoenia. Quindi chiediamo una riforma-quadro che assicuri l’omogeneità organizzativa a livello regionale e riporti l’attività libero professionale sotto la responsabilità delle strutture, come prevede la legge. L’idea del Ministero di mettere gli studi privati in rete? Se ne può discutere, non abbiamo pregiudiziali, l’importante è arrivare a un assetto che fermi lo stillicidio di proroghe di questi anni».
Anche da Cimo-Asmd arriva un assenso di massima alle idee del Ministero trapelate ieri. «L’impressione è che si voglia seguire la strada imboccata dalla Toscana» commenta il presidente nazionale, Riccardo Cassi «dove le strutture hanno reperito spazi esterni con spese a carico del medico e prenotazione e riscossione sono gestiti direttamente dalle aziende. Al di là di ogni ipotesi, in ogni caso, è importante che si lasci a ogni Regione la possibilità di attrezzarsi secondo le soluzioni più opportune».
Voce fuori dal coro quella di Massimo Cozza, segretario di Fp-Cgil medici: «Da quel poco sembra che ci si volgia limitare a una fotografia dell’esistente e allora la cosa non ci andrebbe. Per noi l’intramoenia dev’essere trasparente, garantire condizioni di lavoro adeguate ai medici e dare certezze ai cittadini. Quindi non c’è alternativa al reperimento di spazi all’interno delle strutture. E non ci dicano che non ci sono, perché con la chiusura dei posti letto se ne possono trovare eccome».
DoctorNews – 22 marzo 2012