La sanità veneta continua ad essere una delle più apprezzate e ricercate dai pazienti di tutta Italia. Lo testimoniano ancora una volta i dati sulla mobilità approvati a Roma lo scorso 29 febbraio dalla Conferenza dei presidenti regionali, nella stessa seduta che ha visto definire il riparto 2012 del fondo sanitario nazionale.
La tabella formulata dai tecnici del ministero della Salute mette il Veneto al quarto posto in quanto a crediti vantati dalle Usl del resto del Paese per aver curato i loro malati, dietro Lombardia, Emilia e Lazio: Palazzo Balbi avanza 97.198.984 euro. E’ il saldo attivo tra un totale crediti che ammonta a 307.995.339 euro e un computo complessivo debiti pari a 210.746.673 euro. Nel 2011 la cif r a da riscuotere era di 93.752.099 euro: non solo non è mai stata onorata, ma è pure lievitata di 4 milioni.
«La differenza tra il Veneto e le giunte in difficoltà è che noi abbiamo pagato subito, fornendo in tempo reale le prestazioni richieste dai cittadini delle altre Regioni, le quali invece ci saldano con un ritardo di due anni— spiega l’assessore alla Sanità, Luca Coletto —. E a forza di accumulare crediti, abbiamo superato i 97 milioni, voce che pesa non poco sul bilancio. Eppure, per agevolare i pagamenti, abbiamoaccettato di abbassare le tariffe di 108 prestazioni considerate ad alto rischio di inappropriatezza, benché nella nostra realtà tale pericolo sia stato calcolato in una percentuale pari allo 0%, limitandoci ad esigere l’adeguamento Istat (circa un 4,5% in più, ndr) sulle cure ad alta complessità. Le Regioni dalle quali avanziamo soldi sono sempre quelle del Sud, che hanno i conti in rosso e sono in piano di rientro ». Le realtà in deficit sono Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia ma Trento, Valle D’Aosta e Liguria. Quanto alle strutture più attrattive, il libro bianco sulla sanità elaborato dai tecnici della giunta Zaia segnala che negli ultimi due anni le aziende pubbliche hanno perso terreno nei confronti delle private accreditate, passate dal 25% ad oltre il 40% della quota di domanda extraregionale.
Le Aziende ospedaliere di Padova e Verona registrano una diminuzione di ricoveri del 26%, mentre le cliniche accreditate incassano un incremento del 21% (le Usl non provinciali mantengono infine una quota elevata di degenze: il 32%). Non a caso gli ultimi dati in materia di mobilità attiva segnalano al primo posto per attrattività l’Usl 22 di Bussolengo, la più ricca di strutture convenzionate, seguita dalle Aziende ospedaliere di Verona e Padova. Poi vengono le Usl di Rovigo, Treviso, Venezia, Vicenza e Belluno. Ma cosa spinge tanti malati a farsi anche migliaia di chilometri per venire a curarsi in Veneto? «La tranquillità di trovare qualità ovunque — dice Valerio Alberti, coordinatore dei direttori generali—il nostro sistema è molto diverso dagli altri. In Lombardia si va per esempio per i grandi istituti tumori come quello di Veronesi, a Pisa per il centro sulla tiroide, in Emilia per il Rizzoli, eccellenza dell’ortopedia. Noi non abbiamo singoli ospedali specializzati, ma una moltitudine di professionisti e reparti di richiamo, soprattutto per Cardiochirurgia, Neurochirurgia e Urologia. Sono i picchi di eccellenza nell’ambito di un approccio generalista comunque di alta qualità». I veneti che invece «emigrano », soprattutto in Lombardia, Emilia e Friuli, vanno a cercare «il meglio» di Ostetricia e Ginecologia (per la fecondazione assistita ma anche per l’aborto, visto che nella nostra regione «bianca » il 90% dei ginecologi è obiettore di coscienza), di Ortopedia (tutti al Rizzoli di Bologna), di Oncologia (al top l’Istituto europeo di Veronesi). «Stiamo cercando di bloccare questa emorragia— anticipa Coletto—intanto l’abbiamo stabilizzata. Per ridurla, cioà diminuire le fughe dei pazienti, è in via di elaborazione un programma tarato sulle nuove richieste dell’utenza».
Corriere del Veneto – 20 marzo 2012