Il numero di lavoratori usciti dalle aziende in vista di un traguardo previdenziale che si è allontanato con la riforma di Natale «è molto superiore a quello preventivato», e di conseguenza «bisogna ritarare le forme di tutela» previste dalla normativa e «trovare criteri equi per proteggere i più deboli».
Nel suo intervento al TuttoPensioni 2012, il convegno che Il Sole 24 Ore, in collaborazione con ministero del Lavoro e Inps, ha dedicato ieri alla riforma previdenziale, il ministro del Lavoro, Elsa Fornero ha affrontato fin dall’inizio il nodo degli «esodati», cioè di quanti rischiano un lungo periodo senza reddito perché sono usciti dal mondo del lavoro, facendo affidamento sul vecchio calendario per il pensionamento, ora rivoluzionato dalla riforma. Il ministro Fornero è intervenuta verso le 11, in collegamento-video da Roma. «Mi spiace non essere a Milano con voi, ma ho dovuto anticipare il mio arrivo a Roma per gli impegni collegati alla trattativa sulla riforma del lavoro». Il convegno era stato aperto alle 10 da Donatella Treu, amministratore delegato del Sole, ed è stato moderato dal direttore Roberto Napoletano.
Il primo problema per garantire i vecchi requisiti della pensione per molti lavoratori, coinvolti per esempio in procedure di mobilità o in accordi individuali con uscita incentivata dall’impresa, è legato al numero dei possibili interessati, dettato dalle conseguenze occupazionali della crisi economica vissuta nel 2010-2011. La versione originale del decreto «Salva-Italia» aveva previsto che il paracadute si aprisse per 50mila persone, poi la legge di conversione e il Milleproroghe hanno sostituito la previsione con un contingente ancora da calcolare sulla base delle risorse messe a disposizione (245 milioni per il 2013, a crescere fino ai 1.220 per il 2016). In base ai calcoli condotti in queste settimane dall’Inps (che tuttavia non conferma ufficialmente il dato), gli ex lavoratori in mezzo al guado rischiano di attestarsi poco sopra quota 350mila, un numero ingestibile con la dotazione finanziaria prevista dalla legge. Di qui il ragionamento del ministro, che si dice «consapevole della grande ansia personale vissuta da chi ha accettato l’uscita dal lavoro in vista di un traguardo previdenziale non lontano» ma chiede «pazienza fino al 30 giugno per l’emanazione del decreto» che fisserà le regole per chiedere l’esonero dalla riforma. Occorrerà, in quella sede, calibrare le tutele anche perché il finanziamento extra passa da un incremento delle aliquote contributive, che rischia di cozzare contro la riforma del mercato del lavoro in discussione in questi giorni. Nonostante le difficoltà, che nei mesi scorsi hanno spinto il Parlamento a intervenire più volte sulla questione ridisegnando i parametri per ambire alla tutela (si veda anche l’articolo a pagina 11), Fornero rivendica però la scelta di mettere in campo «una riforma di grande impatto strutturale» in una fase di emergenza in cui fra i rischi c’è stato anche quello di «non pagare una parte delle pensioni o degli stipendi pubblici». Alla base della decisione adottata, nella ricostruzione del ministro, c’è poi l’esigenza di superare una fase in cui «gli esodi incentivati hanno rappresentato uno strumento troppo facile per mettere a carico della collettività forme di pensionamento anticipato. Queste regole, oggi, non sono più sostenibili».
Rimane aperto, poi, anche il capitolo delle ricongiunzioni, rese onerose nel 2010. Il ritorno alla gratuità è reso impossibile dal costo (oltre 1,4 miliardi all’anno, secondo la Ragioneria generale); sul punto il ministro non va oltre la sottolineatura che «occorre affrontare questo argomento con equilibrio, tenendo conto degli interessi in gioco». La strada alternativa, secondo il vicepresidente della commissione Lavoro della Camera, Giuliano Cazzola (Pdl), è quella di «puntare sulla totalizzazione, riducendo i vincoli e i disincentivi economici che la caratterizzano nel calcolo dell’assegno».
ilsole24ore.com – 20 marzo 2012