Indennizzo o reintegro: decide il giudice. Se le ragioni sono economiche sempre indennizzo. Per i licenziamenti discriminatori o nulli l’articolo 18 resterà così com’è
Ma sul resto, e cioè i licenziamenti per motivi economici e disciplinari sarà modificato. Su come il cantiere è aperto, con incontri riservati e contatti informali tra le parti, governo, imprese e sindacati, che sono proseguiti anche ieri. Il punto di riferimento è il modello tedesco, cioè è il giudice che decide se optare per il reintegro del lavoratore in azienda (in Germania quasi mai applicato) oppure prevedere un indennizzo economico. Con Confindustria che comunque ribadisce la sua posizione: reintegro solo in caso di licenziamenti discriminatori o nulli, per il resto dei casi solo indennizzo economico.
Con questa ipotesi si era presentato il ministro del Welfare, Elsa Fornero, mercoledì mattina, all’incontro con i sindacati. Che hanno però subito manifestato la loro indisponibilità. Salvo poi ragionare su quella che chiamano manutenzione dell’articolo 18. E qui ci sono sul tavolo una serie di opzioni che si stanno valutando tra ministero e parti sociali, in vista dell’incontro a Palazzo Chigi di martedì. E che ieri sono state oggetto del vertice tra il presidente del Consiglio, Mario Monti, i ministri del Welfare e dello Sviluppo, Fornero e Passera, oltre ai tre leader di Pdl, Pd e Udc, insieme a tutti gli altri temi della riforma del mercato del lavoro.
Un’ipotesi è di prevedere in caso di licenziamento economico illegittimo solo l’indennizzo economico (fino a 24 mesi), una soluzione che vede la Cisl possibilista, sempre che sia il giudice a prendere la decisione. L’alternativa tra reintegro e indennizzo, a scelta del giudice, varrebbe per i licenziamenti disciplinari, stabilendo una serie di criteri a seconda della gravità del fatto commesso.
Su questa opzione potrebbe essere disponibile a ragionare anche la Uil: in caso di licenziamento disciplinare il giudice può optare tra reintegro o indennizzo (con l’onere della prova a carico del datore di lavoro), nel licenziamento per motivi economici ci sarebbe la disponibilità all’indennizzo (l’onere della prova spetterebbe al lavoratore), preferendo comunque la doppia opzione e puntando a lavorare sui contenuti della giusta causa (in base alla quale viene deciso il licenziamento).
Più rigida la Cgil, che ufficialmente è disposta ad intervenire solo sui tempi dei contenziosi ma nelle trattative riservate apre (si veda l’articolo sotto). Al Welfare si sta studiando anche l’idea di mettere un tetto ai risarcimenti in caso di reintegro (oggi si pagano tutte le annualità di durata della causa nel caso il giudice dia ragione al lavoratore, più i contributi per la pensione e le sanzioni per omesso pagamento).
È una partita comunque ancora da definire e non ci sono carte che ne mettano nero su bianco i dettagli. L’occasione per parlarne potrebbe essere il convegno del Centro studi di Confindustria di oggi e domani, a Milano: oggi pomeriggio interverrà ad una tavola rotonda il leader della Cgil, Susanna Camusso, domani ci saranno sul palco il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni, e, con un intervento prima della presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, il presidente del Consiglio, Mario Monti. In platea, in prima fila, è atteso anche il numero uno della Uil, Luigi Angeletti.
Una circostanza propizia, quindi, per preparare l’incontro di martedì e rispettare i tempi indicati dal governo di una chiusura entro il 23 marzo. Ma sono ancora molti i tasselli che devono andare a posto: non solo le risorse per gli ammortizzatori sociali, anche le regole per la flessibilità in entrata.
Non c’è solo il problema dell’aumento dei costi: il mondo delle imprese ha trovato nel documento del ministero una serie di rigidità burocratiche e formali che condizionano l’utilizzo delle varie formule da parte delle aziende. Tema su cui comunque il ministro del Welfare ha dato la disponibilità a reintervenire.
ilsole24ore.com – 16 marzo 2012