Disabili, over 50, disoccupati o inoccupati: in caso di assunzione in somministrazione verrà proposta loro la decurtazione dello stipendio oppure un peggiore inquadramento contrattuale
Fino ad ora sembrava un articolo caduto nel dimenticatoio. Quasi nascosto, vissuto con fastidio anche dalle agenzie per il lavoro riunite nel cappello omnicomprensivo di Assolavoro. E’ l’articolo 13/a della legge Biagi 276/03. «Il portato di questa norma – dice a Corriere.it Filomena Trizio, segretario generale Nidil Cgil (la categoria confederale della Cgil che si occupa dei contratti di natura somministrata) – già allora aveva connotati sovversivi, perché apriva di fatto una deroga al principio di trattamento paritario tra chi è interinale (cioè chi presta lavoro in un’azienda o ente pubblico tramite l’intermediazione di un’agenzia per il lavoro, ndr.) e chi è dipendente a tutti gli effetti». Trizio in realtà è persino più esplicita e – a causa di questa convenzione – parla di «sotto-costo salariale a svantaggio dei lavoratori già ai margini del ciclo produttivo (perché disabili, con un basso titolo di studio, over 50, disoccupati e inoccupati da più di sei mesi, ndr.) a vantaggio delle agenzie per il lavoro e delle aziende». Che così trasferirebbero – aggiunge Trizio – sulle spalle del lavoratore l’onere del 4%, il cosiddetto “balzello” imposto alle agenzie interinali – come Manpower, Adecco, Tempor, GiGroup – come contributo aggiuntivo per la formazione del lavoratore in somministrazione.
IL TRATTAMENTO PARITARIO – Tutto il contendere è su quell’articolo 13/a della legge Biagi che secondo Trizio è sempre stata ampiamente disatteso dalle stesse agenzie per il lavoro, perché interessate a distinguersi dalla pletora dei contratti di para-subordinazione, etichettati come forme di flessibilità cattiva rispetto alla flessibilità buona del contratto di somministrazione. D’altronde – come peraltro rivendica una recente direttiva europea che conferma il trattamento paritario tra interinali a dipendenti all’interno delle aziende – il contratto di somministrazione ha sempre rappresentato una forma di politica sociale attiva, perché essenza dello stesso è la formazione costante del lavoratore. Ecco perché quell’articolo che sanciva una deroga “nel limite massimo di due livelli di inquadramento contrattuale in meno rispetto al livello spettante ai lavoratori addetti alle medesime mansioni, oppure in alternativa nella riduzione retributiva nella misura massima pari al 20%” è stata vista come una norma puramente accademica, che però ora torna utile a seguito della crisi. «Proprio adesso – denuncia Trizio – che l’esecutivo Monti sembrava volesse contrastare le forme contrattuali ispirate alla precarietà. Questa convenzione così com’è stata controfirmata da Italia Lavoro e Assolavoro porta nell’alveo della flessibilità cattiva anche il lavoro somministrato. Con un impatto potenziale su oltre un milione di lavoratori e una corsa al ribasso dei diritti sindacali».
Fabio Savelli – corriere.it – 9 marzo 2012