La soluzione dell’intramoenia va inquadrata anche come soluzione al reiterato blocco delle retribuzioni. Da rifinanziare attingendo risorse dai costi per la medicina difensiva e per il contenzioso legale, per le inappropriatezze, le regressività dei modelli, le arretratezze in genere
La notizia sulla libera professione dei medici è che per la prima volta qualcuno si pone seriamente il problema di ripensarla.Evviva! Le prese di posizione di queste ore su questo giornale sono davvero significative: da una parte vi sono i diretti interessati, cioè i medici che addirittura considerano l’intramoenia un “diritto” e che si aspettano che il provvedimento che il ministro Balduzzi ha promesso si limiti a tutelare, dall’altra la politica, penso al senatore Gustavino e ad altre prese di posizione, che, invece mette in campo un ragionamento cercando soluzioni più avanzate.
Coloro che hanno avuto la bontà di leggere le mie cose sanno che non ho mai nascosto le mie perplessità sulla libera professione,e ogni occasione pubblica era buona per analizzarne i limiti, anche se va riconosciuto che gli intenti di chi la ideò erano tutti “a fin di bene”. Si trattava di un vero e proprio salto mortale, cioè di moralizzare i comportamenti speculativi dei medici, di vincolarli ad un rapporto esclusivo, di attrarre risorse al pubblico che altrimenti sarebbero andate al privato e, da ultimo, di risolvere una annosa questione retributiva. Ma il salto mortale, dobbiamo dire, non è riuscito per tante ragioni, per cui è doveroso fare il punto sui problemi (come tenta di fare onestamente Gustavino) prima di cercare le soluzioni.
Paradossalmente la libera professione è diventata esattamente il contrario di quella che avrebbe dovuto essere: i comportamenti speculativi si sono moltiplicati, la commissione di inchiesta del Senato ci ha rivelato che si è fatto di tutto meno che moralizzare, l’esclusività del rapporto è diventato un pretesto per privatizzare parti cospicue dell’ospedale e in più la libera professione è diventata la prima causa di ingiustizie e la prima fonte di privatizzazione della spesa (leggetevi Domenichetti). Cioè è diventata un forte elemento di destabilizzazione della natura equa e solidale del sistema.
Non posso dimenticare una stanza a due letti, in un famoso ospedale romano, uno dei due era in intramoenia. Ebbene per quello in intramoenia al pomeriggio arrivava il té e i pasticcini, i visitatori potevano restare tutto il tempo che volevano, i tempi di assistenza erano veloci, quell’altro guardava e subiva la sua condizione pubblica con odiose restrizioni. Mi chiesi, pensando al contenzioso legale: “Ma se al malato pubblico capita qualcosa, chi gli leva dalla testa che la causa non sia una discriminazione?”. Oggi la questione è resa ancor più delicata dal fatto che per ottemperare alle norme sulla libera professione si dovrebbero spendere soldi pubblici per organizzarla,il che oggi suonerebbe quanto meno come una provocazione.
Vi sono regioni che non hanno gli occhi per piangere, gli ospedali sono sovraccarichi, si soffrono le conseguenze del blocco del turn-over, per cui fa bene il senatore Gustavino a porre il problema delle priorità. La libera professione oggi non è una priorità del servizio sanitario,è certamente un problema da risolvere ma solo perché è diventato “maleodorante” .
Ho letto e apprezzato che il ministro Balduzzi promuoverà un tavolo di discussione, ben fatto. Quale è il nodo che questo tavolo dovrà affrontare? Secondo me resta di natura contrattuale. Il mio amico Troise giustamente ci ricorda il contratto del 2007 e l’accordo Stato/regioni 2010. Ma se è di natura contrattuale, la sua soluzione va inquadrata anche come soluzione possibile al reiterato blocco delle retribuzioni di cui soffrono gli operatori sanitari. Cioè può essere una formidabile occasione per aggiustare le cose. Almeno in due direzioni: da una parte si tratta di decidere come viene finanziata la retribuzione dei medici, dall’altra di fare della retribuzione dei medici una formidabile occasione di cambiamento.
Con l’intramoenia parte del salario dei medici era finanziato dal cittadino,oggi questo non regge più, il cittadino è sovraccaricato da ogni genere di tasse, però nel sistema esiste un paradossale “tesoretto” dal quali attingere risorse, che sono i costi per la medicina difensiva e per il contenzioso legale, per le inappropriatezze, le regressività dei modelli, le arretratezze in genere, riducendo i quali teoricamente si possono rifinanziare i salari senza aumento di risorse ma ottenendo in cambio un miglioramento cospicuo del sistema.
Insomma la questione della libera professione è quella di cambiare gli argomenti (x,y,z..) della funzione salariale (f), sostituendo quelli vecchi a carico del cittadino, delle ingiustizie e delle iniquità, con quelli nuovi della buona medicina, delle buone pratiche, della appropriatezza, della pertinenza,del cambiamento. Se il salario dei medici è f (cambiamento) per i medici si tratta di voltare pagina. Certamente è una occasione da non perdere.
Ivan Cavicchi
docente di sociologia dell’organizzazione sanitaria e di filosofia della medicina presso la Facoltà di medicina dell’Università Tor Vergata di Roma
quotidianosanita.it – 8 marzo 2012