Sta calando la nebbia sulla trattativa per la riforma del mercato dellavoro. Governo, sindacati e industriali non hanno ancora fissato un nuovo appuntamento dopo aver deciso di far slittare quello della scorsa settimana per dare il tempo ai tecnici del ministero dellEconomia di individuare le risorse (circa due miliardi di euro strutturali dal 2017) necessarie per contribuire a finanziare i nuovi ammortizzatori sociali.
L`ipotesi, data per probabile nei giorni scorsi, di una ripresa del negoziato tra domani e dopodomani sta ormaiperdendo quota. «Siamo nel black out», ha detto ieri il leader della Cisl, Raffaele Bonanni. E da mercoledì, per tutta la settimana, non ci sarà la segretaria della Cgil, Susanna Camusso, impegnata a NewYork alla Commissione sullo status del- le donne presso le Nazioni unite.
Difficile che possa esserci un incontro senza la Camusso. Stand by, dunque, che rischia di compromettere l`obiettivo di raggiungere l`intesa entro la fine di questo mese.
Non è affatto semplice sciogliere il nodo dei nuovi ammortizzatori sociali. Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha già fatto due dietrofront: ha accettato di mantenere le attuali protezioni fino al 2017 visto che gli effetti di questa nuova recessione sull`occupazione sono destinati ad essere pesantissimi se solo si considera che nell`ultimo anno il tasso di disoccupazione è salito di un punto percentuale dall`8,2 al 9,2 per cento; ha poi riconosciuto che un sistema universale di ammortizzatori sociali richiede, oltre ai contributi di imprese e lavoratori, una maggiore partecipazione di risorse pubbliche. Insomma non può essere a costo zero. Qui, però, si è arenato tutto.
Il governo ha stimato in due miliardi la cifra, ma non è detto che sia sufficiente per introdurre una cassa integrazione pertutti ilavoratori di aziende in crisi congiunturali e un sussidio di disoccupazione per tutti coloro che involontariamente perdono il lavoro.
Cancellando la cassa straordinaria e quella in deroga e anche l`indennità di mobilità. La cifra di due miliardi dovrà essere reperita trale pieghe del gigantesco bilancio pubblico e dovrà essere strutturale, cioè non una tantum. Potrebbe ricavarsi attraverso la cosiddetta spending review che punta a ridurre le anomalia della spesa pubblica, oppure dal riordino del sistema delle agevolazioni fiscali e contributive.
Il governo non ha scoperto le carte. Tra le ipotesi pure quella di utilizzare una parte dei proventi della lotta all`evasione fiscale.
Che, però, secondo gli impegni presi inParlamento da diversigo- verni dovrebbe essere destinata principalmente a ridurre il carico fiscale sul lavoro dipendente.
Già nel 2011 (anno di crisi straordinaria, va detto) perfinanziare gli attuali ammortizzatori che non coprono tutta la platea dei lavoratori dipendenti (solo la cassa integrazione tutela un lavoratore su tre), dalle casse pubbliche sono uscite – secondo un`elaborazione della Uil su dati dell`Inps – 9,3 miliardi di euro.
Nessuno degli istituti di protezione è risultato in attivo nel corso dell`anno: 1,1 miliardi di rosso per la cassa integrazione, 6,5 miliardi per l`indennità di disoccupazione, 1,7 miliardi per la mobilità.
I conti preoccupano per ragion diverse le associazioni imprenditoriali e i sindacati. I primi (artigiani in testa) temono di dover pagare di più; i secondi temono che alla fine pur provando ad estenderla, la coperta sia sempre troppo corta.
Repubblica – 4 marzo 2012