L’Italia deve ridurre la proprietà dello Stato “specialmente nei settori dei media televisivi, dei trasporti, dell’energia e dei servizi locali”.
E’ quanto torna a chiedere l’Ocse nel rapporto sulla crescita dove si rileva come il governo Monti abbia piani per “realizzare le privatizzazioni”. Non solo. Roma è chiamata ad “ammorbidire la protezione del
lavoro sui contratti standard”. Un ambito nel quale l’Italia “non ha ancora intrapreso azioni significative” anche se sta “considerando una riforma del mercato del lavoro, mirata ad ammorbidire le tutele sui contratti standard” con “una riforma welfare per migliorare la rete di sicurezza per i disoccupati”.
Nel suo rapporto l’Ocse, nelle schede dedicate ai singoli paesi mette anche a confronto le raccomandazioni emanate dall’organizzazione negli ultimi anni e le azioni effettivamente intraprese. Per l’Italia si ricorda come il referendum sull’acqua nel 2011 abbia “rovesciato i piani per privatizzare i servizi del settore”. Più in generale il nostro paese, pur avendo progressi su diversi temi come l’educazione terziaria, la decentralizzazione dei salari e la corporate governance, abbia “realizzato poco nella riduzione delle società e servizi a controllo pubblico”.
L’altro tasto su cui l’Ocse è tornata a battere è quello della concorrenza. L’Italia deve “ridurre le barriere legislative” in diversi settori, tra cui “le professioni, il commercio
al dettaglio e i servizi locali”. L’attuazione delle riforme strutturali, sostiene l’Ocse, può mitigare l’impatto della crisi, evitando che la disoccupazione resti “su livelli strutturali” e contribuire a rilanciare “più velocemente” il mercato del lavoro. Secondo l’organizzazione “un’ampia e ambiziosa agenda di riforme potrebbe portare per i paesi Ocse a una crescita annua del Pil fino all’1%, in media, nei prossimi 10 anni”. Le riforme possono rendere la ripresa “più sostenibile e più equa”.
Secondo il segretario generale dell’Ocse Angel Gurria i paesi Ue in crisi (Spagna, Irlanda, Grecia e Portogallo) guidano la classifica delle nazioni che, sotto la spinta delle difficoltà, hanno accelerato sulle riforme strutturali accogliendo le raccomandazioni dell’Ocse mentre l’Italia “avanza” anche se un poco dietro. La disoccupazione – ha ammonito Gurria – è oramai un allarme nei paesi sviluppati: è essenziale che “le priorità delle riforme non spingano solo la crescita ma anche l’occupazione”. Secondo il rapporto Ocse sui 200 milioni di disoccupati nel mondo ben 45 milioni, “14 in più di 10 anni fa” sono nei paesi sviluppati.
repubblica.it – 25 febbraio 2012