Il ministro dopo le resistenze del Pd: «I partiti si assumeranno la responsabilità». Monti chiede unità. Scintille in Confindustria
Il governo va avanti, i sindacati trattano e le imprese si dividono. Lo fanno al tavolo per la riforma del mercato del lavoro, con Rete imprese Italia che porterà avanti una propria posizione autonoma, e anche sull’articolo 18, con Alberto Bombassei che critica le parole con cui ieri il leader di Confindustria Emma Marcegaglia si è rivolta ai sindacati. Il direttivo di Viale dell’Astronomia, comunque, appoggia unitariamente l’azione del presidente. Intanto, mentre i tecnici si scambiano dati e simulazioni, il ministro del lavoro Elsa Fornero e gli stessi sindacati ribadiscono le proprie posizioni, alla vigilia del nuovo round del confronto.
Sul tavolo gli ammortizzatori sociali, con le difficoltà che derivano dalle scarse risorse disponibili, e sempre in primo piano il nodo articolo 18. «C’è molto lavoro da fare prima ma il tema non può essere messo da parte. Ne discuteremo con apertura, senza mettere in difficoltà nessuno ma ne parleremo per risolvere i problemi», sintetizza Fornero.
Complessivamente, pur ribadendo che la riforma, anche senza l’accordo con le parti sociali, arriverà comunque in Parlamento, e che lì saranno i partiti ad assumersi la responsabilità di votarla o meno, il ministro continua ad ostentare un cauto ottimismo. «In questo momento si sta lavorando bene a questi tavoli. Questo non vuole dire che abbiamo in tasca un accordo ma sicuramente la discussione mi sembra proficua. Sono moderatamente fiduciosa», dice. Il Governo, come ribadito più volte direttamente dal premier Mario Monti non intende fermarsi. «Vista l’importanza di questa materia, ha espresso in molte occasioni una forte determinazione ad andare avanti anche senza accordi. Da ministro del Lavoro, impegnato in bilaterali e in incontri collettivi ho una moderata fiducia» per l’esito positivo del confronto con le parti sociali, ribadisce, e assicura: «stiamo lavorando bene e non contro qualcuno. Lavoriamo per il paese e soprattutto per dare un futuro ai giovani».
Altrettanta determinazione il ministro la mostra sul tema degli ammortizzatori sociali. La riforma, ammette Fornero, è sicuramente «un passaggio difficile» da affrontare nel confronto con le parti sociali. «È vero che i sindacati rispetto alla presentazione fatta dal Governo non hanno accolto le proposte con grande favore ma d’altro canto non abbiamo neanche moltissime risorse da mettere in campo». Nessuno, aggiunge Fornero, «ha detto che la riforma andrà in vigore nel 2012 o nel 2013. Ci vorrà gradualità per modificare quello che c’è da modificare e per costruire quello che non c’è e che deve avere un carattere di universalita». Per molti questa riforma «sembra una riduzione delle tutele, noi, invece, pensiamo ad un’estensione delle tutele per i Giovani».
Le novità di giornata più rilevanti sono quelle che arrivano dal fronte delle imprese. Ad alzare i toni è Alberto Bombassei, patron della Brembo e candidato alla presidenza id Confindustria. «Il tono di ieri del presidente Marcegaglia forse è stato un po’ esagerato, un passo falso. Ma l’art. 18 è al secondo posto tra i motivi di non investimento. Dobbiamo eliminare gli effetti negativi di questa norma che è un grande freno alle assunzioni giovanili» dice, intervenendo a 8 e ½.
Il riferimento è alle parole, dure, di ieri del presidente Marcegaglia sull’art. 18 che hanno scatenato le ire dei sindacati. La ricetta di Bombassei è comunque chiara e prevede una profonda revisione dell’articolo 18. «Quando Camusso dice che la l’art. 18 è una questione di civiltà dice che gli altri Paesi che non hanno l’art. 18 sono incivili. Per questo serve approfondire», spiega, proponendo di adottare le norme in vigore in Germania e in Spagna «dove c’è una certa libertà di uscita stabilendo un elenco di ragioni su cui si può licenziare».
Marcegaglia non replica direttamente a Bombassei ma puntualizza la sua posizione e il percorso che intende seguire. «Come tutte le frasi estrapolate, la mia va vista in un discorso più ampio. Non vogliamo l’abolizione dell’articolo 18, che deve restare per i licenziamenti discriminatori. In tutti gli altri casi, come nei paesi europei pensiamo che sia necessario non un reintegro ma un indennizzo», sintetizza.
La Stampa – 23 febbraio 2012