Per tre volte la Procura ha chiesto senza successo di interrogare il produttore. È stata fermata dalla polizia perché guidava troppo allegramente. Nei guai il titolare di un’azienda che lo imbottiglia e distribuisce
Nell’indagine sono stati coinvolti anche i Nas di Padova Verona. L’input per un sequestro di oltre 350 litri di olio di canapa sativa partì da un controllo stradale: la polizia a Roma fermò una signora attempata che guidava troppo «allegramente». La sottoposero agli esami ed emerse che aveva un valore di Thc, principio attivo dei cannabinoidi, particolarmente alto. La signora assicurò di non fare uso di sostanze stupefacenti ma di olio di canapa sativa, un alimento vegetale che ha un alto valore nutrizionale e contenente i nove amminoacidi essenziali. Di questo non vi è traccia nel fascicolo finito sul tavolo del giudice Ladogana ma ieri, a darne conferma in aula nel corso del processo a carico del titolare dell’azienda che distribuisce l’olio, è stato uno dei carabinieri del Nas di Padova che su disposizione del pm Fabrizio Celenza nel maggio 2010 sequestrò migliaia di confezioni di olio di canapa sativa in tutta Italia. Lo fece soprattutto nell’azienda che si occupa della distribuzione e dell’imbottigliamento che ha sede nel veronese. Furono le analisi effettuate sulla sostanza che si ricava dalla spremitura a freddo dei semi di canapa che emerse il valore di Thc elevato e per questo la prima ipotesi di reato per il titolare dell’azienda (difeso dall’avvocato Filippo Vicentini) fu spaccio di sostanze stupefacenti. Una situazione imbarazzante poiché l’olio che normalmente viene utilizzato in caso di infiammazioni, traumi o malattie piuttosto che per la regolazione della pressione sanguigna (e per avere effetti «tossici» bisognerebbe assumerne da sei a nove litri al giorno) nella ditta veniva semplicemente imbottigliato e distribuito. Ad importarlo è un’azienda di Parma (e anche lì vennero sequestrati fusti) ma a produrlo è una ditta francese: e probabilmente nel corso della lavorazione venne spremuta anche qualche foglia di canapa. Imbarazzante perchè al termine delle indagini il reato si alleggerì e si «trasformò» in violazione della legge sugli alimenti ma a risponderne è solo colui che non partecipa alla formazione della sostanza, la acquista (con tanto di analisi di accompagnamento) e la imbottiglia. E tre volte la procura chiese per rogatoria alla Francia di interrogare il titolare dell’azienda produttrice ma per tre volte la richiesta cadde nel vuoto. Davanti al giudice, il militare del Nucleo antisofisticazione dei carabinieri ha ricostruito tutte le fasi del sequestro e degli accertamenti su importazione e distribuzione. Emerse quindi che la materia prima, cioè la spremitura dei semi, veniva effettuata da una ditta d’Oltralpe. I testimoni citati dalla difesa hanno spiegato come avviene la procedura all’interno dell’azienda e chiarito che l’olio veniva semplicemente imbottigliato e che facevano fede le analisi di accompagnamento rilasciata dalla ditta produttrice. La distribuzione di olio di canapa sativa ha un’incidenza del 3 per cento, su un fatturato annuo a sei zeri (da qui la mancanza, per la difesa, di un guadagno cospicuo) mentre il grosso della produzione riguarda gli integratori alimentari. E le sostanze utilizzate vengono sottoposte a rigorosi esami di laboratorio, procedura che non viene seguita per ciò che viene importato e solamente imbottigliato: a comprovare la filiera e il contenuto ci sono le analisi della ditta produttrice. Il processo riprende a maggio.
L’arena – 22 febbraio 2012