Bene parlare di tutele per i lavoratori ma nessuno pensi di proteggere i «fannulloni», assenteisti e ladri. Così il presidente di Confindustria Marcegaglia entra nel vivo del dibattito sull’articolo 18.
«Non vogliamo abolire l’articolo 18 – ha detto – il reintegro deve rimanere per i casi discriminatori, ma vogliamo poter licenziare le persone che non fanno bene il loro mestiere». E poi rivolta ai sindacati: «Vorremmo avere un sindacato che non protegge assenteisti cronici, ladri e quelli che non fanno il loro lavoro».
CATTIVA FLESSIBILITA’ – La presidente Marcegaglia ha sottolineato come anche gli industriali vogliono una revisione della «flessibilità cattiva» in entrata, ossia «siamo consapevoli che ci sono stati degli abusi e questi vanno combattuti». Ma d’altra parte «vogliamo rivedere anche la flessibilità cattiva in uscita». A questo proposito, ha ricordato l’episodio che vide al centro di una contestazione il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni: «La persona che aveva tirato un candelotto a Bonanni era in malattia: il datore di lavoro – ha detto – lo licenziò, il giudice lo ha riassunto». Certo, una revisione dell’art.18 «sarà molto difficile ma noi non molliamo, andiamo avanti» pur volendo comunque lasciarlo per tutti quegli atti discriminatori ma «vogliamo poter licenziare quelli che non fanno il loro lavoro».
GOVERNO VADA AVANTI – Quindi l’invito al governo: «Credo che sia giusto che nel caso in cui non si arrivi ad un accordo il governo vada avanti e faccia la riforma che deve fare, stiamo lavorando con grande attenzione e senso di responsabilità». Ha comunque sottolineato che non bisogna toccare gli ammortizzatori sociali «per almeno due anni». «Adesso stiamo in un momento di crisi drammatica, di recessione anche se per il 2013 – ha affermato – si prevede una ripresa. Ma l’impatto delle ristrutturazioni e delle riconversioni industriali farà sentire i suoi effetti almeno per tutto il 2013». A fronte di questa situazione ha sottolineato come l’attuale sistema di ammortizzatori sociali «ha dimostrato di funzionare» ma gli industriali «non sono contrari a ragionare su una nuova architettura» degli ammortizzatori sociali.
QUESTIONE CRESCITA – Ma la questione vera resta la crescita. «In Europa dobbiamo parlare di crescita, perchè senza quella ogni politica risulta vana – ha detto- in questo, l’Italia è ancora un grande paese, che ha leadership in molti settori, ma che ha allo stesso tempo un problema di produttività molto forte. Quando siamo entrati nell’euro abbiamo fatto un grande errore, buttando via il dividendo dell’euro. Invece di sfruttare questa riduzione di spesa pubblica e reinvestire questi soldi, abbiamo alzato la spesa pubblica corrente e azzerato gli avanzi primari che avevano, dividendo sempre di più il Paese tra chi lavora e chi non è esposto al mercato. Oggi ne paghiamo i costi in termini di spesa pubblica alta».
Corriere.it – 21 febbraio 2012