Il patrimonio in beni reali ammonta a dieci miliardi, un quarto del portafoglio totale degli enti di previdenza, ma esistono dubbi che venga sempre gestito nel migliore dei modi. Mentre non è chiaro se potrà essere considerato nei piani di sostenibilità
Bassi rendimenti, ubicazione in zone periferiche e popolari, modesti canoni di locazione, alta morosità, qualche “vip” di troppo ad equo canone, compravendite opache, ancora controlli fallaci o assenti. Il patrimonio immobiliare degli enti di previdenza privati è iscritto per 10 miliardi nei bilanci delle Casse dei professionisti, un quarto del loro portafoglio, per il resto investito (pericolosamente, a volte) in fondi e titoli più o meno strutturati. Ma ne vale almeno 15, visto che non viene rivalutato dal ’97. tin tesoretto non sempre ben gestito, che tuttavia in tempi di vacche magre come queste può tornare utile, considerato che entro il 30 settembre prossimo tutte le Casse dovranno dimostrare di essere sostenibili a 50anni, dai3Odioggi, e dunque di essere in grado di coprire le uscite (pensioni) con le entrate (contributi) per dieci lustri. Un equilibrio che molte Casse, come attesta da tempo la Corte dei Conti, non riusciranno a centrare. Se il mattone (da vendere o usare nel calcolo della sostenibilità) salverà davvero la pensione di medici, architetti, avvocati, giornalisti, notai, ingegneri, lo vedremo nei prossimi mesi. Anche perché i criteri ancora non ci sono. E al momento il patrimonio immobiliare non si può conteggiare, al massimo il suo rendimento. Sul punto, si registrano timidi segnali di apertura da pa n e del ministro Fomero, che ha voluto l’inasprimento delle condizioni di sostenibilità. Si vedrà. Nel frattempo, gli immobili degli enti privati tornano d’attualità. Per via, certo, del “caso Conti”. Ovvero l’acquisto per 44 milioni di euro da parte dell’Enpap (l’ente degli piscologi) di un immobile in via della Stamperia, a un passo dalla Fontana di Trevi, dalla società Estate due amministrata dal senatore del Pdl Riccardo Conti che poco prima lo aveva rilevato per 26 milioni di euro dal Fondo Omega. Una plusvalenza che scotta. Soprattutto agli psicologi italiani, indignati su blog e social network per l’uso sciatto e funesto delle loro future pensioni. La procura di Roma ha aperto un’indagine sulla gestione delle risorse dell’Ente che nel 2010 investiva appena 1’1,73%, su un portafoglio di 361 milioni, in palazzi e appartamenti, circa 5,2 milioni. Ci si chiede: chi controlla le gestioni? Dopo il “caso Enpam” (l’ente dei medici e dentisti) dello scorso maggio, sollevato da un esposto alla Procura di Roma dei presidenti di 5ordini locali, tra cui un membro del Cda, anche qui relativo alla cattiva gestione (ipotesi di danno patrimoniale di oltre un miliardo di euro causato da complessi investimenti finanziari in titoli strutturati), l’ex governo Berlusconi aveva deciso una stretta. E incaricato la Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione) di controllare anche l’attività delle casse private di previdenza. Da allora-sono passati 8 mesi – mancano ancora i due decreti attuativi (Lavoro ed Economia) e dunque la Covip ha le mani legate. L’unico paletto a cui gli amministratori delle Casse devono al momento attenersi è la redazione di un bilancio tecnico triennale per dimostrare la sostenibilità. Il ministero del Lavoro e quello dell’Economia svolgono, dal canto loro, un’azione di vigilanza solo “cartolare”, dunque a posteriori e sulla base delle carte. Infine, c’è la Corte dei Conti che scandaglia i conti, certo, ma a cose fatte a distanza di un biennio dalla chiusura dei bilanci. Il vulnus di un controllo lasco ha probabilmente favorito scarsa trasparenza, bilanci sballati, operazioni ad alto rischio, soprattutto in quel-li enti in cui il controllo interno è inesistente, inefficace o facilmente scansabile. «Il panorama è molto diversificato», conferma Andrea Camporese, presidente Adepp (l’associazione degli enti). (Ma la voce immobiliare è solida, rilevante, importante. Dal dopoguerra ad oggi ha dato frutti e denaro. Le opacità e i casi eclatanti non cancellano i fatti. In ogni caso, non si fa previdenza con la finanza. Se i patrimoni rendono, meglio. Ma solo se il rischio è accettabile e la sostenibilità garantita».
Repubblica – Affari e Finanza – 20 febbraio 2012