No della commissione Affari sociali all’emendamento di Pd e Idv all’articolo 4 del provvedimento sul Governo clinico. Miotto: grave privilegiare la discrezionalità invece del merito
La Commissione era arrivata al voto di oggi dopo il rinvio della scorsa settimana proprio sul “nodo primari”. Una spaccatura tra la proposta del relatore (ex maggioranza) e quelle di Pd (ex opposizione) e Idv. Da un lato Domenico di Virgilio con la proposta di specificare che da una commissione ad hoc venga individuata una “terna” di candidati (non più una graduatoria, come previsto dal testo unico) dalla quale il direttore generale può selezionare il dirigente tra i primi tre. Con la previsione che qualora il prescelto lasci o decada nei primi tre anni della nomina si debba procedere alla sua sostituzioni scegliendo tra i due rimanenti.
Per democratici e dipietristi invece il criterio del merito sarebbe stato davvero rispettato, limitando contestualmente le potenziali ingerenze della politica, se la commissione di concorso, i cui componenti devono essere estratti a sorte, avesse potuto individuare una graduatoria e la nomina fosse spettata al candidato che raggiunge la prima posizione. Gli emendamenti Pd-Idv in questa direzione, però, avevano ricevuto il parere del contrario del governo.
«Oggi in commissione Affari sociali – commenta il capogruppo Pd Margherita Miotto – una maggioranza composita e raccogliticcia (Pdl, Lega e Udc) ha perso l’occasione di introdurre un principio fondamentale nel governo della sanità e cioè di privilegiare il merito nella scelta dei dirigenti invece della discrezionalità come è tutt’ora. Il voto contro il nostro emendamento al governo clinico, che introduceva il principio del merito, è molto grave. È arrivato il tempo – prosegue Miotto – nel quale il direttore generale di ciascuna azienda quando sceglie un dirigente dovrebbe farlo esclusivamente privilegiando il merito e utilizzando una graduatoria. Questa è la nostra proposta che però ha trovato l’opposizione di una maggioranza che pensiamo di poter rovesciare in Aula. Un cittadino quando entra in sala operatoria vuole avere la tranquillità di pensare che il professionista a cui affida la sua salute è stato scelto per competenza e merito e non per contiguità politica».
7 febbraio 2012 – riproduzione riservata